Dislessia. Riconoscerla e affrontarla

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La dislessia rappresenta una difficoltà molto frequente. Riguarda oltre il 4% della popolazione italiana, poco meno di 2 milioni di persone (il 2% dei bambini o ragazzi in età scolare). Ed è in aumento: nell’ultimo decennio nel nostro Paese si è registrato un incremento tra il 30 e il 40%. Fa parte di quel vasto universo che va sotto il nome di disturbi dell’apprendimento ma è indubbiamente il più comune visto che assorbe circa il 46% delle diagnosi. I restanti disturbi dell’apprendimento, secondo dati del 2015 diffusi dal Ministero dell’Istruzione, sono:

        • Disortografia – (20%) difficoltà a imparare l’ortografia

        • Discalculia – (18%) difficoltà a scrivere i simboli numerici o fare piccole operazioni

        • Disgrafia – (16%) difficoltà a copiare i simboli

Quasi sempre i differenti disturbi si presentano associati. E quando un bambino è dislessico,
può essere anche disgrafico
 (avere cioè difficoltà nella scrittura del tratto grafico) oppure disortografico, rivelando una scarsa capacità nel rispettare le regole ortografiche della lingua  scritta. In particolare, l’uso delle doppie e dell’acca. Tra i segnali premonitori dei disturbi dell’apprendimento segnaliamo:

        • Difficoltà a leggere

        • Conteggio complicato

        • Errori di ortografia

La diagnosi

Oggi il disturbo viene diagnosticato molto più facilmente. Soprattutto, precocemente. È più diffuso tra i maschi. E questo fa pensare a un’origine genetica. Anche se pure l’ambiente influisce. Per esempio, non aiuta l’esposizione prolungata del bambino davanti al televisore. Quello che infatti aiuta lo sviluppo di un bambino è la relazione. Ed è evidente che la televisione non è interattiva.

La dislessia si esprime in una ridotta capacità a leggere o, comunque, in una lettura alterata. I sintomi si evidenziano già in prima elementare quando, alla fine dell’anno scolastico, il bambino legge molto lentamente e soprattutto non legge la parola per intero ma continua a sillabarla. Generalmente la diagnosi viene fatta l’anno successivo, in seconda elementare. Non ci si deve assolutamente allarmare ma solo prestare attenzione e dedicare al bambino il proprio supporto. È il compito che hanno genitori e insegnanti: impegnarsi a sostenere il piccolo nella sua crescita.

Spesso infatti una diagnosi tardiva comporta tutta una serie di altri disturbi – che si potrebbero evitare – e che nulla hanno a che fare con la dislessia. Per esempio, ricerche scientifiche affermano che il 60% dei ragazzi dislessici presenta disturbi d’ansia. Questo avviene perché ancora troppo spesso il disturbo viene affrontato in modo sbagliato (nonostante la diagnosi precoce) e si rimprovera il dislessico di essere incapace o svogliato.

Invece la dislessia è un disturbo ‘ anale’. Non è una malattia. Non interferisce assolutamente con la capacità intellettiva della persona. Nel suo primo manifestarsi rappresenta spesso l’immagine di un disturbo del linguaggio. In questo caso è sufficiente ricorrere a logopedisti o psicologi che, attraverso specifiche attività ludiche, riescono ad affrontare il disturbo. In generale è meglio evitare i dettati, la lettura a voce alta e le tabelline.

Fonte Dica 33

 

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