Flavonoidi, un aiuto per i pazienti con malattia di Parkinson

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È possibile che un più alto consumo di flavonoidi, così come di cibi che contengono alte quantità di questi composti, si associa un minor rischio di mortalità tra le persone con malattia di Parkinson.

A dirlo è uno studio pubblicato su Neurology, secondo cui, inoltre, un grande apporto di flavonoidi prima della diagnosi della malattia neurodegenerativa si associa a una minor rischio di mortalità negli uomini, ma non nelle donne. Per Xinyuan Zhang, della University Park negli Stati Uniti e primo nome dello studio, l’aggiunta nell’alimentazione nei pazienti con malattia di Parkinson di alcune porzioni di cibi ricchi in flavonoidi a settimana potrebbe essere un metodo semplice per contribuire a migliorare l’aspettativa di vita. «Un maggior consumo di bacche e vino rosso, che sono ricchi dei flavonoidi antocianine, si associava in particolar modo a una minore mortalità» ha affermato, precisando che il consumo di vino non dovrebbe superare quello raccomandato dalle linee guida. In particolare, lo studio ha analizzato 599 donne partecipanti al Nurses’ Health Study e 652 uomini del Health Professionals Follow-up Study seguiti per 32-34 anni, a cui era stata diagnosticata la malattia di Parkinson. Mediante un questionario, riproposto ogni 4 anni, è stato calcolato l’apporto di flavonoidi (totale e sottoclassi) così come il consumo di cibi noti per l’alto contenuto di tali composti, come tè, mele, bacche, vino rosso, arance e succo d’arancia. Dopo aver aggiustato per diverse covariate, analizzando il quartile più alto e quello basso, il gruppo di partecipanti con il maggior consumo di flavonoidi aveva il 70% di possibilità in più di sopravvivere rispetto al gruppo con il minor consumo. Inoltre, con il quartile più alto per il consumo precedente la diagnosi di antocianine, flavoni e flavonoli (flavan-3-ols) si aveva un rischio di mortalità più basso rispetto al quartile più basso (HR 0,66, 0,78 e 0,79 rispettivamente).
Lo studio non ha analizzato il meccanismo mediante il quale i flavonoidi possano essere associati a una minor mortalità tra questi pazienti. Un argomento che per i ricercatori dovrebbe essere affrontato negli studi futuri. Poiché i flavonoidi sono antiossidanti, per Zhang, è possibile che abbassino i livelli di neuroinfiammazione cronica. «È anche possibile che possano interagire con le attività degli enzimi e rallentare la perdita dei neuroni e che possano proteggere dal declino cognitivo e dalla depressione, entrambe associate a un rischio di mortalità più alto» hanno ipotizzato gli autori.

Neurology 2022. Doi: 10.1212/WNL.0000000000013275
https://doi.org/10.1212/WNL.0000000000013275

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