Sindrome da Alienazione Genitoriale e Mediazione Familiare: chi ci rimette sono sempre i figli

La sindrome da alienazione genitoriale o sindrome da alienazione parentale sarebbe il risultato di una presunta “programmazione” dei figli da parte di uno dei due genitori

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La sindrome da alienazione genitoriale o sindrome da alienazione parentale (dalla formula in inglese PAS “Parental Alienation Syndrome”), sarebbe il risultato di una presunta “programmazione” dei figli da parte di uno dei due genitori definito “genitore alienante”, che porta i minori a dimostrare astio e rifiuto verso l’altro genitore il “genitore alienato”. In altre parole sarebbe un incitamento ad allontanarsi da uno dei due genitori, portato avanti intenzionalmente dall’altro genitore attraverso l’uso di espressioni denigratorie, false accuse e costruzioni di «realtà virtuali familiari. Affinché si possa parlare di PAS è necessario che questi sentimenti di astio e di rifiuto non nascano da dati reali e oggettivi che riguardano il genitore alienato ma siano frutto della produzione del genitore alienante.

Alcune caratteristiche della Pas che la distinguono dalle normali dinamiche relazioni familiari, sono le seguenti:

il figlio cambia atteggiamento dopo l’affidamento provvisorio e senza una ragione plausibile;

le critiche/accuse all’altro genitore appaiono inconsistenti, esagerate, contraddittorie o contraddette dai fatti;

le critiche/accuse appaiono stereotipate, prive di dettagli;

le critiche/accuse sono estranee all’ambito di esperienza di un bambino;

la formulazione di critiche/accuse contiene informazioni che solo l’altro genitore può aver fornito;

il bambino vive ansia e paura nell’incontrare l’altro genitore in assenza di ragioni concrete;

il bambino si preoccupa di tutelare, senza una ragione specifica, un genitore rispetto all’altro;

si ritiene che un genitore sia solo vittima, mentre l’altro è colpevole o responsabile.

Talvolta questo comportamento è il risultato di un indottrinamento psicologico, più o meno consapevole, di uno dei due genitori nel figlio a danno dell’altro.

Particolarmente importanti sono le tecniche indirette che solitamente incidono più sottilmente sull’opinione e sul comportamento del bambino o del ragazzo. Esse fanno leva sulle emozioni e sul senso di lealtà. Esempi di stratagemmi sono:

raccontare aneddoti in cui l’altro genitore risulta in una veste compromessa;

esagerare il proprio ruolo di educatore e sminuendo quello dell’altro;

soddisfare i desideri del figlio che l’altro limita o disapprova;

mostrare gusti e opinioni diametralmente opposti a quelli dell’altro genitore;

• “sgenitorializzare” l’altro genitore (chiamandolo ad esempio con il proprio nome e non con l’appellativo “papà” o “mamma”);

metacomunicare in modo paradossale sull’altro genitore (“ci sarebbero molte cose da dire su tuo padre…ma io non dirò nulla”);

creare doppi legami che confondono il bambino e lo rendono facilmente suggestionabile ;

mistificare le impressioni e i sentimenti del figlio;

chiedere continuamente al figlio cosa ne pensa dell’altro genitore, costringendolo a prendere posizioni, e premiarlo o punirlo a seconda delle sue risposte.

L’utilizzo di tali tecniche che possiamo definire sicuramente “manipolatorie”, porta il bambino a schierarsi inevitabilmente con un genitore o con l’altro e a re-interpretare la realtà secondo le caratteristiche del genitore che agisce su di lui.

Come cercare di non amplificare dinamiche disfunzionali? Agendo sulla comunicazione attraverso percorsi di mediazione familiare mirati alla co-costruzione della nuova realtà familiare. Non più coppia ma sempre e per sempre coppia genitoriale. La mediazione introduce una logica nuova, che invece di ricercare un vincente e un perdente favorisce il perseguimento di un guadagno comune per genitori e figli. In questo senso, si coglie molto bene anche la differenza con gli accordi presi nelle sedi giudiziarie e in cui spesso le persone, invece che essere protagonisti delle proprie scelte, le subiscono. Tutto ciò è molto utile; tuttavia è importante che le persone siano in prima persona convinte di voler intraprendere questo percorso in modo da sentirsi davvero protagonisti degli accordi presi, anche perché la mediazione familiare non mira alla soluzione dei conflitti, e tantomeno ad una conciliazione, ma tende a ridurre gli effetti indesiderabili di un grave conflitto, ovvero a favorire una tregua tra i coniugi, una ripresa del dialogo tra loro.

Psicologa abilitata presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Iscritta all' Ordine degli Psicologi della Campania n. 9622, Pedagogista Clinica e Mediatore Familiare Sistemico-Relazionale, ha conseguito la Laurea cum Laude in Scienze Psicopedagogiche all’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli discutendo la Tesi in Psicologia Dinamica sui Meccanismi di difesa e le dinamiche psichiche del paziente oncologico, dopo aver svolto un tirocinio accademico pre-lauream presso il Dipartimento di Psicologia Oncologica dell’ INT G. Pascale di Napoli. Ha conseguito, inoltre, una seconda Laurea Magistrale in Psicologia Sociale, dei Servizi e delle Organizzazioni approfondendo la Psicologia dei Processi Cognitivi nelle malattie croniche e neurodegenerative con una Tesi sui Disturbi Cognitivi, Affettivi e Comportamentali nella malattia di Parkinson presso l’Università di Roma. Ha svolto un ulteriore tirocinio professionalizzante post Lauream presso la Sede di Napoli dell’Accademia di Psicoterapia della Famiglia (RM) “Polo Clinico Centro Studi Kairos” dove è attualmente in formazione come Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale. Specializzata in Mediazione Familiare e Consulenza di Coppia ad orientamento Sistemico presso L’ Istituto di Medicina e Psicologia Sistemica di Napoli (IMEPS), inizia nel 2006, la collaborazione in qualità di ricercatrice con l’INT Fondazione Pascale di Napoli che la vede impegnata in Progetti di Ricerca, Educazione e consulenza Socio-Sanitaria nel campo della familiarità dei tumori femminili (Dipartimento di Ginecologia Oncologica). Continua la sua attività di ricerca ed assistenza in ambito psicopedagogico e clinico attraverso interventi di Infant Clinical Observation, Ludoterapia e Supporto alle famiglie, occupandosi dal 2008 di problemi psico-educativi in età evolutiva di bambini figli di pazienti oncologici presso il Servizio Ludoteca (Ambulatorio Famiglia) dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli (Dipartimento di Psiconcologia Clinica). Nel 2015 si perfeziona in ambito Psiconcologico attraverso il Corso di Alta Formazione in Psico-Oncologia dal titolo “La Psicologia incontra l’Oncologia” patrocinato dalla SIPO: Società Italiana di Psiconcologia. Docente e Formatore ha collaborato con la Lega Italiana Lotta ai Tumori- sezione di Napoli- a Progetti di Educazione Socio-Sanitaria e, con la Regione Campania, in Corsi di Formazione Regionali. Relatrice di Convegni e Seminari riguardanti tematiche Psicologiche e Pedagogiche è specializzata, inoltre, nel sostegno di famiglie multiproblematiche e devianti avendo lavorato con nuclei familiari a rischio e con forte disagio socio- economico e culturale della II e III Municipalità di Napoli. Ha lavorato, inoltre, in Progetti nel campo delle disabilità dal 2001 al 2010 (Sindrome di Down e Tetraparesi Spastica). Dal 2008 al 2019 ha esercitato la professione di Mediatore Familiare in autonomia e, su richiesta, in collaborazione con Studi giuridici matrimonialisti. Ha collaborato presso il Centro Nutrizione&Benessere della Dott.ssa Silvana Di Martino sito in Casoria in programmi di Psicologia della Nutrizione, Educazione Alimentare, Formazione e gestione di spazi di Mediazione Familiare Sistemica. Autrice di Articoli sul quotidiano medico on line #TAGMEDICINA, è stata impegnata nella S.C. di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto Tumori di Napoli in attività connesse all’ Emergenza SARS CoV-2 da Maggio 2020 a Febbraio 2022. Attualmente lavora con pazienti pediatrici e pazienti adulti in trattamento radioterapico presso la U.O.C. di Radioterapia dell’ INT di Napoli “Fondazione G. Pascale” in qualità di Psicologa.

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