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Viviamo in un’epoca in cui la lentezza ha completamente perso il suo fascino cedendolo inesorabilmente all’adrenalinica velocità. Esprimiamo i nostri apprezzamenti utilizzando “pollici in su” anziché parole adeguate; comunichiamo i nostri punti di vista su piattaforme che ci consentono di farlo utilizzando non più di 280 caratteri, in quanto la brevità è il loro punto di forza. Viviamo rincorrendo il nostro tempo e consumando tutto in fretta…compresi i nostri pasti! Il cibo preparato in casa con amore e tradizione viene sostituito il più delle volte con quello spersonalizzato e pronto al consumo. Il consiglio di “masticare con cura gli alimenti” appare quindi impopolare, eppure è di fondamentale importanza per la nostra salute.
Già nel IX secolo l’avevano intuito gli allievi della Scuola Medica Salernitana, i quali ammonivano “prima digestio fit in ore”, che tradotto letteralmente dal latino sta per “la prima digestione avviene in bocca”.
La masticazione rappresenta, oltre che un atto meccanico necessario a ridurre il volume degli alimenti ingeriti e deglutiti in sicurezza, un vero e proprio processo digestivo. Nella nostra saliva sono presenti importanti sostanze: enzimi fondamentali (ptialina) per la scissione dei carboidrati complessi in molecole più semplici e una secrezione mucosa che contiene mucina necessaria per svolgere funzioni lubrificative e di rivestimento protettivo. In più, una masticazione lenta serve ad aiutare la muscolatura dello stomaco a rilassarsi ed accogliere meglio il cibo che dovrà poi digerire.
La velocità con cui assumiamo i nostri pasti, ma soprattutto la rapidità con cui li mastichiamo, sono correlate a: quantità di cibo ingerito, senso di sazietà percepito nel tempo, difficoltà digestive e gestione del peso corporeo. I risultati di uno studio durato 5 anni, condotto su un totale di 1083 volontari presso l’Università giapponese di Hiroshima, ha dimostrato che tra i mangiatori più voraci l’incidenza della sindrome metabolica è risultata pari all’11.6%, contro il 6.5% ed il 2.3% rispettivamente registrata tra i mangiatori lenti o molto lenti.
Il monaco buddista Thich Nhat Hanh, nel libro “mangiare in consapevolezza” (secondo i principi del Mindful eating, pratica di mindfulness che aiuta a prestare attenzione al momento del pasto, per assaporare il cibo che si sta mangiando, con curiosità, amore e senza giudizi), esorta la consapevole lentezza nella masticazione come atto di meditazione mentre si mangia: «Mastica il cibo e non le tue preoccupazioni», è l’invito di Thich Nhat Hanh.
Ma, per quanto sia un gesto totalmente automatico e naturale, farlo lentamente appare qualcosa di molto più complesso. L’invito a rallentare il nostro ritmo di masticazione, infatti, si traduce nel dover minimizzare le nostre reazioni istintive di fronte al cibo. Quando la sua visione, il suo profumo, i suoi colori innescano in noi il desiderio irrefrenabile di consumarlo (il classico esempio è McDonald, dove i gusti e gli odori vengono studiati in laboratorio con lo scopo di aumentare la food addiction), masticare lentamente diventa quasi impraticabile. In più esistono stimoli, intrinseci (ansia e stress) o estrinseci (luoghi affollati e rumorosi, la tv, lo schermo del nostro cellulare), che diminuiscono la nostra consapevolezza verso la velocità dell’atto masticatorio, ma anche verso le quantità che ingeriamo.
La necessità di studiare l’esistenza di “positivi” stimoli estrinseci al cibo stesso, che accompagnassero il momento del pasto, ha spinto i ricercatori dell’Università di Aarhus, in Danimarca, a voler indagare su 201 soggetti il ruolo della musica sul comportamento alimentare (Music to eat by: A systematic investigation of the relative importance of tempo and articulation on eating time https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32682852/ ).
Per condurre l’esperimento, sono state prese in considerazione le due componenti che rappresentano il cuore della musica: il tempo e l’articolazione. Il tempo rappresenta, in maniera semplicistica, la velocità alla quale viene riprodotta la melodia (può essere “veloce” o “lenta”) e viene misurato in battiti al minuto (bpm). L’articolazione, invece, rappresenta come le note in un brano si susseguono tra loro: è staccata se tra una nota e l’altra ci sono pause; è legata se le note si susseguono in maniera continua. Anche il carattere può assumere differenti sfumature: martellato; legato; portato; spiccato; ecc…. Calcolando il tempo impiegato dai volontari reclutati nello studio, per consumare 5 quadretti di cioccolato è emerso che sia il tempo sia l’articolazione avevano un impatto differente nella velocità di masticazione dei soggetti.
Andando nel dettaglio, è stato evidenziato che quando essi mangiavano in totale silenzio, il tempo medio registrato per concludere il pasto era pari a 24 secondi; quando veniva riprodotta musica con tempo veloce, fino a 180 bpm, i soggetti impiegavano 10 secondi in più. Il tempo maggiore però, pari a 39 secondi, veniva registrato quando ad essere riprodotta era la musica lenta (45 bpm). I secondi registrati aumentavano ancor di più se le versioni avevano un fraseggio “legato” piuttosto che “staccato”.
Queste osservazioni hanno portato i ricercatori a concludere che la musica potrebbe essere utilizzata per modulare il nostro ritmo di masticazione, non solo in contesti casalinghi o all’interno di ristoranti, ma anche in situazioni in cui il controllo delle assunzioni di cibo rappresenta un obiettivo terapeutico, come i percorsi di educazione alimentare per diabetici o la rieducazione al pasto per i soggetti che si sono sottoposti a chirurgia bariatrica.
Quindi scegliete la musica che più vi piace, meglio se lenta e legata, rallentate la vostra corsa e dedicate al vostro pasto il giusto tempo, perché è un’esperienza sensoriale e al tempo stesso fisiologica che merita di essere vissuta in piena consapevolezza.
Di seguito un link musicale ad hoc…provare per credere:
https://www.youtube.com/watch?v=4fddGrDV2gw