Covid-19, origini, immunità. Ecco come il virus si sta adattando all’uomo

L'epidemiologo Massimo Ciccozzi docente del BioCampus di Roma, con il giornalista milanese Paolo Viana, inviato del quotidiano Avvenire, risponde in un e-book edito da Piemme dal titolo "Il Virus è mutato"

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Che cosa ha reso possibile una pandemia simile a 100 anni dall’influenza “Spagnola”? Perché il virus si è adattato all’uomo? Perché muta e potenzialmente può essere ri-contagiato alla stessa persona? L’epidemiologo Massimo Ciccozzi docente del BioCampus di Roma, con il giornalista milanese Paolo Viana, inviato del quotidiano Avvenire, risponde in un e-book edito da Piemme dal titolo “Il Virus è mutato”. Mentre da rappresentanti del mondo scientifico si levano informazioni talora contrastanti e voci fuori dal coro arrivano a dire che il virus è finito, Ciccozzi e Viana hanno raccolto -tra le domande che tutti noi ci poniamo – quelle su filogenesi e genetica del coronavirus e hanno cercato risposte solo sulla base di studi pubblicati od almeno “submitted” alla revisione della letteratura scientifica. E’ nato un dialogo a distanza, in tempi di lock-down: «Da una parte le voci tratte dagli articoli del giorno e riferite sotto forma di domande, dall’altra le risposte delle fonti di letteratura scientifica più accreditate», riassume Viana, egli stesso a febbraio paziente inconsapevole, che aggiunge: «E’ un lavoro “in progress”, che aggiorneremo in edizioni successive sulla base di dati scientifici sempre più consistenti». Da gennaio ad oggi, Ciccozzi sul Covid-19 ha pubblicato 20 lavori (45 in tutto). E attraverso una serie di elaborazioni matematiche conferma l’esordio del virus in Cina molto prima di dicembre 2019, e delle olimpiadi militari tenute ad ottobre, dove si ammalarono alcuni atleti azzurri (anche loro senza saperlo). «Sono modelli sofisticati che ci consentono, partendo dalla casistica e dalle mutazioni del virus, di andare a ritroso fino ad inquadrare con ragionevole probabilità la finestra in cui si sarebbe verificato il “salto di specie”, verosimilmente dal pipistrello, specie commercializzata nel mercato di Wuhan (il pangolino è trafficato illegalmente e raro). Oggi disponiamo di 2 mila sequenze del virus contro le 20 originarie. Ogni virus muta a diverse velocità, ad esempio l’Hiv è il più mutevole. Nel Covid-19, un 75% del materiale genetico rimane intatto, per mezzo delle analisi filogenetiche abbiamo tracciato per la prima volta un albero genealogico che ci consente di ipotizzare due differenti ingressi del virus in Italia in Lombardia, identificato la prima volta su un paziente tedesco, e un altro del Centro-Italia presumibilmente importato dal Nord Europa».
Il virus muta perché “sente” le diverse razze umane o più colpisce più si trasforma come il computer degli scacchi?
«Semplicemente, si adatta all’uomo: più ne fa il suo habitat – quindi lasciandolo in vita e relativamente in salute, come accade per il pipistrello – più si seleziona in modo per sé vantaggioso. Il lock-down non gli ha fatto bene, gli ha tolto la possibilità di moltiplicarsi e quindi moltiplicare le mutazioni».

E’ più “buono”?
«Affermarlo è inopportuno: togliendoci mascherina e protezioni nella convinzione di avere davanti un virus “buono” potremmo accelerare la pandemia e le sue conseguenze più rapidamente di quanto il virus acceleri nel suo rendersi compatibile con l’organismo umano».

Dovremo vaccinarci tutti per l’influenza in autunno?
«E’ difficile che il vaccino arrivi entro due mesi, ma lo speriamo. E’ probabile che avremo il ritorno dell’influenza con sintomi simili al Covid-19 e quindi dovremo vaccinarci per poter almeno arrivare a fare una diagnosi differenziale dall’influenza, visto che la sintomatologia è molto simile».

E’ vero che la risposta anticorpale nei guariti diminuisce nel tempo e si torna soggetti anche da vaccinati?
«Anche arrivasse il vaccino, i produttori difficilmente potranno evitare messe a punto periodiche perché il virus muta e gli anticorpi si abbassano come per il raffreddore e non sappiamo per quanto tempo possano proteggerci (nella nostra vita di coronavirus del raffreddore e rinovirus ce ne siamo presi…) Sarà utile anche e comunque continuare a valutare le terapie».

I raggi ultravioletti ci aiutano?
«Per ora in una ricerca italiana a cura del gruppo di Pierangelo Clerici (UniMi) sono stati sperimentati con successo gli UVC, utili nella disinfezione; in natura pero ci sono UVA e UVB, a “sensazione” il virus patisce il caldo e il sole, la risposta scientifica deve aspettare. Nel libro ci sono riflessioni sia su questo tema sia su cosa possa fare il virus “dopo” che ha agito nell’organismo, se tenda a causare cronicizzazioni o riattivazioni sintomatiche. Punti interrogativi, cui speriamo di dare a poco a poco risposte».
( Fonte Doctor 33)

 

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