Parkinson, la levodopa è efficace anche dopo lunghi periodi di malattia

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Secondo uno studio pubblicato su Brain, in una popolazione con malattia di Parkinson mai trattata, l’entità della risposta di lunga durata alla levodopa varia tra il 60% e il 65% del beneficio motorio totale fornito dal farmaco, indipendentemente dalla durata della malattia. Inoltre, sebbene la terapia con levodopa sia stata associata a fluttuazioni motorie, la disabilità in fase Off durante la notte in terapia con levodopa è risultata invariabilmente meno grave del decorso naturale della malattia, ancora una volta indipendentemente dalla durata della malattia stessa.

«Questo lavoro ci ha permesso di osservare l’evoluzione naturale della malattia e la sua interazione con la terapia in pazienti non trattati anche per più di 20 anni» spiega Gianni Pezzoli, dell’Asst Gaetano Pini-Cto e presidente Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson, autore senior del documento. I ricercatori hanno valutato gli effetti di lunga durata del trattamento sui sintomi motori, in particolar modo nella fase Off durante la notte, in 30 pazienti con un’età media di circa 60 anni e malattia di Parkinson in stadio molto avanzato che hanno iniziato un trattamento con levodopa dopo circa sette anni dall’insorgenza della patologia. I pazienti sono stati sottoposti a visite annuali per valutare gli effetti della levodopa sulla progressione della disabilità motoria nella fase Off e i sintomi. Oltre ad aver osservato l’entità del beneficio della levodopa, gli esperti hanno scoperto che il farmaco protegge costantemente il paziente anche a distanza di quattro anni dall’inizio del trattamento. È stato dimostrato inoltre un miglioramento dei sintomi attribuiti alla degenerazione di sistemi non dopaminergici, come le cadute e l’instabilità posturale, per i quali non vi è solitamente una risposta piena alla levodopa. «Il nostro studio suggerisce l’esistenza di un meccanismo alla base della risposta di lunga durata che non è rappresentativo della degenerazione dei neuroni dopaminergici; per cui utilizzare i punteggi raccolti in “overnight Off” come endpoint primario in studi su molecole neuroprotettive può essere fuorviante e generare risultati falsamente positivi o negativi. Infine, comprendere e potenziare i meccanismi che consentono la persistenza della risposta di lunga durata anche dopo 20 anni di malattia aprirà la strada a nuove strategie terapeutiche» conclude Roberto Cilia, dell’Istituto neurologico Carlo Besta, autore principale dello studio.

Brain 2020. Doi: 10.1093/brain/awaa181
https://doi.org/10.1093/brain/awaa181

 

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