Il dramma del morbo di Parkinson

Ogni anno si registrano 14 nuovi casi ogni 100.000 abitanti, ma nella popolazione over 65 questa incidenza aumenta fino a 160.

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La malattia di Parkinson è la seconda patologia neurodegenerativa più comune nei paesi sviluppati, preceduta solamente dalla malattia di Alzheimer.

Rari sono i casi al di sotto dei cinquanta anni d’età, ma il rischio aumenta marcatamente con l’invecchiamento e la maggior parte delle diagnosi poste nella settima decade di vita. Il 90% dei casi non ha una causa genetica identificabile, rendendo fondamentali il controllo dei fattori di rischio e la prevenzione.

I numerosi studi scientifici ad oggi disponibili hanno evidenziato correlazioni, più o meno forti, con diversi fattori di rischio. Il consumo elevato di latte e derivati comporta un maggior rischio di malattia, probabilmente a causa di un abbassamento dei livelli di urato nel sangue.

I pesticidi sono stati a lungo oggetto di ricerca, ma un aumento del rischio è stato provato solamente per gli agricoltori cronicamente esposti. L’uso di metamfetamina aumenta notevolmente l’incidenza di parkinsonismo.

I pazienti affetti da melanoma hanno un aumento del 44% del rischio di sviluppare la malattia, e i pazienti parkinsoniani hanno similmente un maggior incidenza di melanoma rispetto alla popolazione generale. Traumi maggiori all’encefalo causano un temporaneo aumento del rischio, destinato però a tornare alla normalità nell’arco di dieci anni dall’evento.

L’abuso di alcool inverte gli effetti protettivi di un consumo moderato, aumentando il rischio del 40%. Molti altri fattori sono stati studiati in maniera sporadica od insufficiente, ed è probabile che la lista si allungherà con il progresso della ricerca.

I fattori protettivi nei confronti del Parkinson sono meno numerosi ma più solidamente studiati per le loro implicazioni in termini di prevenzione. Nota è la minor incidenza di malattia nei fumatori, che presentano un rischio inferiore anche del 70%.

I potenziali effetti terapeutici della nicotina, protettiva in alcuni modelli animali, sono attualmente in fase di investigazione. Il consumo regolare di caffè sembra ridurre il rischio anche se maggiormente negli uomini, probabilmente per un interazione ormonale con la caffeina nelle donne.

Conosciuto è inoltre l’effetto positivo di bassi dosaggi di caffeina su alcuni sintomi della malattia quali la rigidità o il rallentamento motorio. Il ruolo dell’acido urico come potente antiossidante è definito, e alti livelli circolanti sono stati identificati come protettivi dalla malattia. , diminuendo ad esempio con il consumo di derivati del latte ed aumentando con il consumo moderato di bevande alcoliche o di alimenti quali il fruttosio.

I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), riducendo la risposta infiammatoria, hanno un moderato ruolo protettivo. Questo ruolo sembra essere più marcato nel caso dell’ibuprofene, meritando ulteriore approfondimento in termini di ricerca. Per gli interessi della popolazione generale risultano notevoli gli effetti sulla malattia dell’attività fisica e delle abitudini alimentari.

L’attività fisica frequente si associa ad una riduzione del rischio di circa un terzo , e l’incidenza di malattia nell’età adulta risulta molto inferiore nei pazienti fisicamente attivi in età giovanile (18-40 anni). Per quanto riguarda la dieta, l’abitudine al consumo abbondante di frutta, verdura e pesce può portare ad una riduzione del rischio pari a circa il 20%.

In conclusione è possibile affermare che i cambiamenti di maggior beneficio e di maggior facilità di attuazione nella popolazione generale sono un aumento dell’attività fisica ed una maggior attenzione alla dieta quotidiana, sia in termini di prevenzione della malattia di Parkinson che di prevenzione delle principali patologie croniche.

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