Nel 2008 uno studio del Massachusetts General Hospital di Boston annuncia che l’uso cronico della cocaina danneggia la corteccia prefrontale del cervello. Nel 2013 Antonello Bonci e Bill Chen pubblicano sulla rivista Nature uno studio realizzato al N.I.D.A. (National Institute on DrugAbuse) che riguarda l’applicazione dell’optogenetica sui ratti dipendenti da cocaina; la tecnica è troppo invasiva per essere applicata agli umani, ma Antonello Bonci ha l’intuizione di utilizzare la r.T.M.S. (Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva) per trattare la zona prefrontale dorsolaterale (corrispondente a quella stimolata nei ratti con l’optogenetica) di persone affette da dipendenza da cocaina.
Il cervello è plastico e può ricostruire se stesso, le sinapsi e le connessioni neuronali danneggiate, grazie ai fattori di crescita prodotti dal DNA del nucleo neuronale. L’attività elettromagnetica della TMS stimola le cellule nervose e le connessioni tra esse; stimolando le aree limbiche compromesse dall’uso della cocaina si va a neutralizzare l’azione deleteria della sostanza tossica.
Nel 2013 è stato avviato uno studio all’Università di Padova, in collaborazione con l’I.R.C.C.S. (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) dell’Ospedale San Camillo di Venezia, su 32 persone affette da dipendenza da cocaina; 16 sono state trattate con rTMS e 16 con terapia farmacologica per ridurre i sintomi tipici dell’astinenza. Lo studio prevedeva di monitorare l’eventuale uso di cocaina, attraverso l’esame delle urine, durante il trattamento e nel periodo successivo. Risultato: il 70% dei cocainomani trattati non ha più fatto uso di cocaina fino ad oggi.
Da Riccione a Washington con un biglietto di sola andata, oggi il Dr. Antonello Bonci è Neurologo, Neuropsicofarmacologo, Direttore scientifico del NIDA di Bethesda in Maryland (USA) e Professore alla Johns Hopkins University di Baltimora (USA).
Professore, citando l’elenco delle sue cariche e dei suoi titoli, ci imbarazza definirla “un cervello in fuga” dall’Italia, tuttavia non possiamo evitarlo; è stato lei a scappare dall’Italia, o sono stati gli USA a chiamarla?
Entrambe le cose. Terminati gli studi in Italia sono stato negli USA, dove ho vissuto le prime esperienze come Medico e come Ricercatore; quando sono rientrato in Italia ho ricevuto la proposta di tornare in USA, e ho risposto affermativamente alla chiamata perché in quel momento l’Italia non mi offriva prospettive. L’Italia ha costruito nei secoli la sua fama di culla della cultura e delle scienze, grazie all’alta formazione e all’eccellenza della sua ricerca; purtroppo oggi questa fama sta decadendo, sorpassata dalla superiore qualità offerta dagli atenei esteri.
Qual è il suo parere?
Per quanto concerne la formazione l’Italia è ancora molto valida. Io stesso ho studiato in Italia, e la mia preparazione è stata competitiva quando mi sono confrontato coi miei colleghi in USA. Il problema è che l’Italia abbandona a se stessi i cervelli formati, non si occupa di loro, dopo gli studi gli ex studenti sentono il vuoto intorno. In Italia c’è una sconnessione completa tra la formazione e il mondo del lavoro. In America la persona che ha terminato gli studi è accolta nella società, le viene concessa la chance, c’è un’organizzazione sociale che, pur con grande competitività, offre opportunità ai più meritevoli. L’America è meritocratica, arriva il migliore, chi vale di più, non il più o il meglio raccomandato.
Lo studio derivato dalla sua brillante intuizione è stato pubblicato sulla rivista scientifica EuropeanNeuropsycofarmacology, e potrebbe essere la prima terapia medica in grado di rivoluzionare la vita a quei 20 milioni di persone nel mondo affette da dipendenza da cocaina. Saranno necessari altri studi o il trattamento può già essere considerato terapia?
Sono assolutamente necessari altri studi perché la ricerca preliminare è stata condotta su un numero ristretto di pazienti maschi di età media 40 anni; è indispensabile uno studio più ampio, su 400 persone di varia età e di entrambi i sessi, e lo studio dovrà essere “a doppio cieco”; l’obiettivo è verificare l’eventuale effetto placebo per poterlo escludere dal risultato finale. Anche se i miei colleghi di Padova, che sono in contatto costante con i pazienti su cui nel 2013 è stato effettuato il primo studio, mi riferiscono che tali soggetti sono ancora completamente liberi dalla cocaina. Quando anche il secondo studio sarà ultimato, se i risultati saranno favorevoli, la TMS potrà essere utilizzata quale terapia medica. Io e i miei colleghi in Italia stiamo conducendo studi in parallelo per cercare di velocizzare il più possibile la tempistica e il Ministero della Salute italiano si è dimostrato molto ricettivo e collaborativo.Spero per i pazienti che accada tutto il più in fretta possibile. Dallo studio si evince che per il 30% dei pazienti cocainomani la terapia non ha funzionato.
Perchè?
Non sappiamo ancora se la causa dell’insuccesso risieda nel singolo individuo o nel protocollo del trattamento, probabilmente in entrambe le cose, nel senso che per qualcuno potrebbe essere necessaria una terapia personalizzata con un numero diverso di applicazioni o una frequenza diversa rispetto all’attuale protocollo.
Il trattamento prevede l’applicazione di potenti campi magnetici che provocano modificazioni nel tessuto cerebrale, tanto che la TMS viene attualmente utilizzata anche per riparare i danni cerebrali provocati da ICTUS, tuttavia la TMS è ritenuta un trattamento efficace, sicuro e innocuo; è davvero così?
La TMS è un trattamento clinico in uso da oltre un decennio per la cura della depressione severa che non risponde ai farmaci. Se praticata da personale competente, cioè che sa come, a che intensità e a che frequenza, e dove stimolare il cervello, la TMS è assolutamente innocua perché gli effetti collaterali sono insignificanti. Non si sa ancora perché la stimolazione elettromagnetica ha effetti positivi sul cervello, ma così è. In questo momento la ricerca sulle applicazioni della TMS è in vero fermento, tanto che nel sito del governo americano dedicato agli studi clinici si legge che sono in corso più di 400 studi riguardanti l’applicazione della TMS per varie patologie quali l’ictus, la demenza, il tabagismo, l’alcolismo, il dolore cronico, l’insonnia, i disturbi alimentari, in particolare per la bulimia si hanno buoni risultati. In anteprima assoluta posso dirle che a Padova l’applicazione della TMS per patologie diverse dalla dipendenza da cocaina sta dando risultati molto promettenti, in particolare risultati fantastici si stanno ottenendo per la ludopatia.
Le neuroscienze, di cui lei è prestigioso rappresentante, stanno scrivendo il futuro della medicina giorno dopo giorno, e la medicina non potrà procrastinare ancora a lungo l’assunzione di nuovi paradigmi. Secondo lei la medicina riuscirà a compiere quel necessario percorso evolutivo per giungere a una nuova via terapeutica, inclusiva e complementare rispetto alle medicine non convenzionali, al fine di costruire un nuovo modello medico?
Secondo me sì, non c’è dubbio che la medicina dovrà prendere consapevolezza dei risultati delle ricerche. Il farmaco serve, ma da solo non è abbastanza. Le discipline che agiscono in modo complementare alla medicina, che educano su sani stili di vita, corretta alimentazione, esercizio fisico, ed adeguata quantità di rigenerante riposo, sono oramai indispensabili alleate per la prevenzione dalle malattie ed il mantenimento del benessere psicofisico. La sinergia terapeutica fornisce i risultati migliori, nessuna terapia da sola è efficace. Siamo ancora alla fase iniziale di questa nuova filosofia medica, ma sono convinto sia la strada giusta.
Milena Montebelli