VITAMINA K2 E VITAMINA D3: amici-nemici tra miti e realtà

La vitamina K2 non è la stampella della vitamina D se non in casi molto particolari ma ha una sua propria funzione da essa indipendente

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Quando parliamo di vitamina D normalmente si sottintende il colecalciferolo che è quello maggiormente utilizzato nella supplementazione anche se in alcuni casi è preferibile il calcidiolo (o 25 OH colecalciferolo) o il calcitriolo (o 1,25-diidrossicolecalciferolo). Senza scendere nel dettaglio è comunque necessario capirne le differenze. Il primo è una vitamina D in forma tutta da attivare attraverso un passaggio nel fegato dove viene trasformata nel secondo, che per inciso è quello che comunemente si dosa nel sangue, che poi a sua volta arriva al rene dove prende la sua forma ormonale definitiva ed attiva che è appunto il calcitriolo.

In tutto questo percorso, secondo alcuni, inciamperebbe nella vitamina K e, secondo tali credenze, da ciò scaturirebbero delle problematiche di qualche genere se assunte in contemporanea.

Ma anche la vitamina K ha le sue differenze che sono particolarmente importanti nel chiarire le potenziali interferenze tra l’assunzione della vitamina D e della vitamina K2. In natura si trovano, infatti, questi due importanti micronutrienti appartenenti alla famiglia delle vitamine liposolubili: la vitamina D e le vitamine del gruppo K . Nelle piante a foglia verde e nelle alghe si trova la vitamina K1 e negli alimenti animali e negli alimenti fermentati la vitamina K2. Mentre la vitamina K1 ha un’unica formulazione, la vitamina K2 comprende diversi composti noti come menachinone-n (MK-n), in base al variare della lunghezza della sua catena laterale. MK-4, MK-7 e MK-9 sono i menachinoni più studiati. L’MK-4 è l’unico tra i diversi menachinoni che può essere prodotto nell’organismo tramite un processo di conversione dalla Vitamina K1 senza il coinvolgimento dell’azione batterica. La MK-7 possiede, tuttavia, la biodisponibilità maggiore e l’emivita più lunga a causa della sua natura più idrofobica il che la rende quella maggiormente utilizzata nella supplementazione. La vitamina K2 (principalmente come MK-4 e MK-7) svolge anche un effetto epigenetico (affetto esterno che influisce sulla attività della genetica). Essa, infatti, incrementa l’attività dei geni attivi sulla produzione del tessuto osseo e dei geni correlati alla sintesi della matrice extracellulare, attivando un recettore all’interno del nucleo degli osteoblasti che, modulando la trascrizione genica, promuove l’accumulo di collagene. Altro effetto epigenetico è svolto nei confronti degli osteoclasti, ma in questo caso tramite una regolazione al ribasso (o downregulation come si legge nelle pubblicazioni scientifiche) della via di comunicazione attraverso la quale il fattore nucleare kappa-B (NF-κB) attiva l’osteoclastogenesi, cioè in parole povere riesce a limitare la presenza di osteoclasti attivi. Ma ancora di pi più; infatti K2-7 è utile nella gestione della perdita ossea perché aumenta l’osteoprotegerina che è un recettore esca per il RANK (RANKL) inibendo così il riassorbimento osseo (per inciso quello bloccato dal denosumab conosciuto come Prolia). Da notare che ciò avviene, cosa molto interessante, anche sull’osteoclastogenesi indotta dalle citochine infiammatorie, noti elementi che per varie vie, una delle quali è rappresentata dall’incremento del Nf-kB, causano una eccessiva erosione del tessuto osseo.

E quindi cominciamo con lo sfatare un primo mito.
La vitamina K2 non è la stampella della vitamina D se non in casi molto particolari ma ha una sua propria funzione da essa indipendente. E non solo sul tessuto osseo, ma anche ad esempio sulle calcificazioni vascolari, valvolari cardiache e cartilaginee, sulle cellule epatiche, sull’ipossia mitocondriale (la struttura chimica del coenzima Q10 e del Menaquinone 7 sono molto simili e quindi può surrogarlo in casi di sofferenza mitocondriale), sulla neuroprotezione (in questo caso maggiormente la Vitamina K2 MK4).

A questo punto, dopo aver fatto una conoscenza sommaria delle due vitamine cerchiamo di capire quale sia l’interazione negativa che ne sconsigli l’assunzione contemporanea. Normalmente viene fatto riferimento, anche se non viene specificato (e questo è già un errore) al colecalciferolo che è la D3 della comune supplementazione e la K2-7 altra supplementazione maggiormente utilizzata. Vedremo successivamente perché ciò è un errore. Le domande che ci dobbiamo ora fare sono quindi:

assumendole congiuntamente

si genera un composto dannoso? La risposta è subito un bel NO

viene limitato l’assorbimento della vitamina D?

viene limitato l’assorbimento della vitamina K2?

viene ridotta l’azione della vitamina K2?

viene ridotta l’azione della vitamina D?

Per dare risposta alle domande è necessario fare attenzione ai percorsi che le due vitamine intraprendono dall’assunzione alla realizzazione delle loro funzioni.

Come detto il colecalciferolo o Vitamina D3 deve fare un primo passaggio attraverso il fegato dove, grazie all’azione del citocromo P450, subisce la sua trasformazione iniziale. E qui nasce un primo errore! Una volta si parlava del citocromo P450 come un’unica entità ma, ad oggi, si conosce che esso rappresenta una grande famiglia di sottotipi e, nello specifico svolgono questa funzione due citocromi il CYP2R1 ed il CYP27A1. Solamente la vitamina K1 impegna il fegato dove è necessaria per produrvi i fattori II, VII, IX e X della coagulazione. Questi fattori sono dei proenzimi che contengono acido γ‐carbossiglutammico contenente due gruppi carbossilici legati al γ‐carbonio dell’acido glutammico (Questo legame è possibile con l’intervento della vitamina K1 che permette alla carbossilasi di aggiungere un gruppo carbossilico all’estremità glutammina del fattore. Il gruppo carbossilico permette poi il legame con ioni di calcio e alla tromboplastina). Ma la K1 deve essere attivata in questo processo ed ecco che entra in gioco un enzima presente nel fegato, la epossidoreduttasi epatica, che nulla ha a che vedere con i citocromi che iniziano ad attivare la vitamina D.

HOOPS!!
ma qui parliamo, comunque, come se già non bastasse la mancanza di interferenza enzimatica, di vitamina K1 e non di vitamina K2
ed ecco, ora, il secondo errore.

Il massimo dell’assorbimento della vitamina K2 avviene dopo circa 4 ore, (mentre in un’altra pubblicazione questo valore è invece di 6 ore e da ciò, forse, il dettame di assumerla a distanza dalla vitamina D di 4 o 6 ore come si legge ogni tanto). L’assorbimento della K2-7 avviene rapidamente nel lume dell’ileo e del colon; la K2-7 è incorporata nelle micelle o nelle lipoproteine ​​ricche di trigliceridi e non subisce alcun cambiamento durante il processo. Le micelle sono racchiuse nei chilomicroni secreti dagli enterociti; i chilomicroni vengono quindi spostati dall’interno dei villi intestinali (tramite esocitosi) nel sistema linfatico e, attraverso il dotto toracico, raggiungono il sistema circolatorio, saltando per la maggior parte, il fegato al contrario della sorella K1. Anche la vitamina D3 ha un assorbimento simile ma raggiunge velocemente il fegato per la sua prima trasformazione assorbita nel tratto superiore dell’intestino tenue, specialmente nel duodeno e nel digiuno (sezione centrale dell’intestino tenue, preceduto dal duodeno). Qui la vitamina D3 si incorpora nelle micelle formate dagli acidi biliari e, legata a queste, viene trasportata nel fegato.

Assorbimento diverso, tempi diversi, meccanismi diversi.
E quindi nessuna interferenza con ciò si risponde, quindi, alle domande 2 e 3.
Ma potrebbe esserci il sospetto che le proteine di trasporto nel sangue del 25OH Vitamina D e del Menaquinone 7 siano le medesime e quindi ci potrebbe essere la possibilità che se le litighino riducendo il trasporto dell’una o dell’altra.

Ma, anche qui c’è un ma: le VKBP (Vitamin K Binding Protein) sono specifiche per la vitamina K ed appartengono prevalentemente alle lipoproteine a bassa densità mentre la VDBP (Vitamin D Binding Protein) cioè quelle che trasportano la vitamina D, appartengono alla famiglia delle albumine e precisamente è un’alfa-globulina glicosilata (il deficit genetico di queste proteine è per inciso una delle alterazioni che vengono ricercate per capire l’origine dell’osteoporosi). A maggior ragione, quindi, non è ipotizzabile alcuna interferenza negativa né nell’assorbimento né nel trasporto delle due vitamine.

Veniamo a considerare le ultime due domande: ne viene ridotta l’efficacia con un assorbimento congiunto?

Anche in questo caso è necessario esaminare il loro meccanismo di azione.

Sia la vitamina D, nella sua forma attivata di calcitriolo, che la vitamina K2, per poter promuovere la sintesi di determinate molecole che, poi, immesse in circolazione svolgeranno una specifica benefica funzione, dovranno raggiungere l’interno del nucleo cellulare. Per fare ciò si uniranno a molecole presenti sulla superficie delle cellule (recettori) ed insieme ad esse vi penetreranno all’interno. Parliamo dei recettori per la vitamina D e di quelli per la vitamina K, VDR e VKR; recettori che sono differenti gli uni dagli altri.

Ma non solo: una volta entrati nella cellula dovranno raggiungere il nucleo e lì vengono accolte da altre molecole che ne permetteranno l’ingresso. Ed anche qui le due vitamine seguiranno strade diverse.

La vitamina D legata al suo recettore verrà “accolta” dal RXR (o retinoid X receptor) e accompagnata nel nucleo cellulare mentre la vitamina K2 verrà accolta e accompagnata dal SXR (o Steroid and Xenobiotic Receptor).

E con questo esame del percorso che le due vitamine fanno dall’assunzione alla loro attività a livello del nucleo cellulare (che ho cercato di semplificare al massimo) credo che debbano essere fugati tutti i dubbi su una assunzione contemporanea di Colecalciferolo, o vitamina D3, e menaquinone 7, o vitamina K2-7.


Dott. Gianfranco Pisano Laureato in Medicina e Chirurgia all’ Università la Sapienza Roma Master in Medicina dello Sport, Università di Siena Master malattie metaboliche dell'osso, osteoporosi, Università di Firenze Master Fitoterapia, Università di Trieste e Computense di Madrid

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