QUANDO LA COMPETIZIONE DIVIENE DANNOSA

In ecologia: qualsiasi manifestazione di antagonismo tra individui o popolazioni dello stesso livello trofico, che comporti una modificazione dei rapporti numerici e degli spazi vitali e, di conseguenza, delle condizioni di sopravvivenza e di accrescimento

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Se ci soffermiamo sulle definizioni del termine “Competizione” troviamo le seguenti definizioni: Lotta, contrasto, gara di emulazione, per il raggiungimento di uno scopo o il riconoscimento di una superiorità in campo individuale, sportivo, politico, lavorativo.

In ecologia: qualsiasi manifestazione di antagonismo tra individui o popolazioni dello stesso livello trofico, che comporti una modificazione dei rapporti numerici e degli spazi vitali e, di conseguenza, delle condizioni di sopravvivenza e di accrescimento.

All’interno dell’APA Dictionary of Psychology (APA), dizionario di psicologia, la competizione è definita come una qualsiasi situazione in cui il successo dipende dal rendimento della propria prestazione che deve essere migliore rispetto a quella altrui. Questa “lotta” per contendersi la vittoria l’essere umano la conosce molto bene: l’ha sperimentata fin dalle sue origini. La storia dell’evoluzione sa spiegarci molto chiaramente tutto questo: di fronte a risorse limitate ed a innumerevoli pericoli non può sopravvivere che il più forte. Ad oggi, sotto svariati punti di vista, conduciamo un’esistenza molto più sicura rispetto ad un tempo: non dobbiamo più addentrarci nella savana per ricercare il cibo e possediamo molti confort che hanno reso il soddisfacimento dei bisogni primari molto più immediato. Eppure, la spinta competitiva è rimasta. Fa parte di noi.

L’essere umano di fatto, è guidato da vari sistemi motivazionali: dei meccanismi universali basati sull’istinto che favoriscono la creazione di legami con gli altri. Tra essi troviamo il sistema competitivo, uno dei più primordiali ma anche dei più utilizzati. Solitamente, all’attivarsi di questo sistema motivazionale, emerge una sequenza emotiva specifica: sopraggiunge la collera che spinge a sfidare l’altro, ma anche la paura, dettata dalla preoccupazione delle capacità altrui ed infine vergogna e tristezza in chi viene sconfitto oppure profondo orgoglio in caso di vittoria.

La competizione è un fenomeno presente in ogni contesto sociale in quanto parte integrante dell’essere umano. Da sempre, infatti, l’uomo lotta con gli altri per potersi accaparrare risorse limitate – come cibo, amore, lavoro – e questo rende il confronto, in tutte le varie tipologie di gruppi, generatore di ansie, invidie, rancori e rivalità. Effettivamente, la condizione relazionale e sociale dell’uomo lo spinge ad essere costantemente esposto all’osservazione e al giudizio degli altri e lo porta, conseguentemente, a temerli o ad emularli. La competizione viene quindi definita come la pressione che un individuo sviluppa verso altri individui – che ritiene di pari livello fisico, tecnico, cognitivo o conoscitivo – nel raggiungere un certo obiettivo/risultato.

In psicologia la competizione, la cooperazione e il comportamento pro-sociale sono considerate le tre strategie interattive e sociali con cui il bambino prima e l’adolescente poi fronteggiano i compiti di sviluppo, cioè quegli obiettivi che vanno raggiunti oppure i problemi che vanno risolti in modo particolare quando la loro maturazione incontra le richieste che il contesto in cui sono inseriti impone (Havighurst, 1953, 1972). Naturalmente in base alla strategia usata durante l’infanzia si delineerà, in termini di competizione, un atteggiamento che caratterizzerà l’uomo ormai cresciuto nel suo approccio con l’altro. Va precisato che a differenza della cooperazione e del comportamento pro-sociale – entrambe strategie di sviluppo con accezione positiva – alla competizione viene attribuito un valore positivo o negativo a seconda dell’entità a cui è diretta: negativa, quindi, se si rivolge alla realtà esterna, e positiva se, al contrario, è indirizzata alla realtà interna che coinvolge il sé e i propri limiti. Difatti, la competizione acquisisce valore positivo se l’interlocutore è proprio la persona in questione, poichè così diventa funzionale al riconoscimento di limiti e virtù – perciò alla propria conoscenza –, all’affermazione del sé e delle proprie capacità e al superamento della frustrazione. Dal canto opposto, se l’oggetto della competizione è l’altro e si compete per essere il migliore, la competizione non può che essere negativa e potenzialmente dannosa in quanto fa nascere una vera e propria lotta che può addirittura assumere forme distruttive.

Quando la competizione diventa aggressiva, si manifesta una condizione di iper-competitività che solitamente sfocia in relazioni interpersonali disfunzionali, caratterizzate, tra le altre cose,

dalla paura del fallimento come giudizio inappellabile da parte dell’altro,

da un costante stato di ansia in quanto, in ogni circostanza, anche la più conviviale, si cerca la competizione e lo scontro,

rabbia e frustrazione per eventuali fisiologiche battute d’arresto durante il percorso verso gli obiettivi,

forme di depressione nel momento in cui gli obiettivi prefissati non siano stati raggiunti.

E’ molto probabile che dietro l’impulso a competere ci sia il bisogno di essere riconosciuti e amati e la “vittoria” appare come strumento per ottenere questo riconoscimento.

Se funzionale, invece, la competitività può essere adeguatamente orientata e divenire un vero strumento di crescita e di consapevolezza di sé e dei propri strumenti, sia affettivi che cognitivi. Quando, al contrario, diviene una “leva compensativa” e si rivela nei suoi tratti aggressivi, può determinare situazioni spiacevoli o conflittuali.

Una delle chiavi per disinnescare l’eccesso di competitività che spesso crea situazioni familiari o lavorative cariche di tensione, se non davvero tossiche, risiede nella comunicazione, grazie alla quale è possibile ripristinare una condizione di equilibrio tra le parti e, nel migliore dei casi, di condivisione di strumenti e risultati. Se poi impariamo a non far “sopravanzare” l’ego della persona eccessivamente competitiva, cercando di comunicare in modo più pacato e con assertività… ancora meglio! E’ significativo, osservare e reagire all’eccesso di stimoli e di attenzioni da parte della persona troppo competitiva con distacco, al fine di evitare un eccessivo coinvolgimento emotivo che danneggerebbe l’ambiente di relazione.

Psicologa abilitata presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Iscritta all' Ordine degli Psicologi della Campania n. 9622, Pedagogista Clinica e Mediatore Familiare Sistemico-Relazionale, ha conseguito la Laurea cum Laude in Scienze Psicopedagogiche all’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli discutendo la Tesi in Psicologia Dinamica sui Meccanismi di difesa e le dinamiche psichiche del paziente oncologico, dopo aver svolto un tirocinio accademico pre-lauream presso il Dipartimento di Psicologia Oncologica dell’ INT G. Pascale di Napoli. Ha conseguito, inoltre, una seconda Laurea Magistrale in Psicologia Sociale, dei Servizi e delle Organizzazioni approfondendo la Psicologia dei Processi Cognitivi nelle malattie croniche e neurodegenerative con una Tesi sui Disturbi Cognitivi, Affettivi e Comportamentali nella malattia di Parkinson presso l’Università di Roma. Ha svolto un ulteriore tirocinio professionalizzante post Lauream presso la Sede di Napoli dell’Accademia di Psicoterapia della Famiglia (RM) “Polo Clinico Centro Studi Kairos” dove è attualmente in formazione come Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale. Specializzata in Mediazione Familiare e Consulenza di Coppia ad orientamento Sistemico presso L’ Istituto di Medicina e Psicologia Sistemica di Napoli (IMEPS), inizia nel 2006, la collaborazione in qualità di ricercatrice con l’INT Fondazione Pascale di Napoli che la vede impegnata in Progetti di Ricerca, Educazione e consulenza Socio-Sanitaria nel campo della familiarità dei tumori femminili (Dipartimento di Ginecologia Oncologica). Continua la sua attività di ricerca ed assistenza in ambito psicopedagogico e clinico attraverso interventi di Infant Clinical Observation, Ludoterapia e Supporto alle famiglie, occupandosi dal 2008 di problemi psico-educativi in età evolutiva di bambini figli di pazienti oncologici presso il Servizio Ludoteca (Ambulatorio Famiglia) dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli (Dipartimento di Psiconcologia Clinica). Nel 2015 si perfeziona in ambito Psiconcologico attraverso il Corso di Alta Formazione in Psico-Oncologia dal titolo “La Psicologia incontra l’Oncologia” patrocinato dalla SIPO: Società Italiana di Psiconcologia. Docente e Formatore ha collaborato con la Lega Italiana Lotta ai Tumori- sezione di Napoli- a Progetti di Educazione Socio-Sanitaria e, con la Regione Campania, in Corsi di Formazione Regionali. Relatrice di Convegni e Seminari riguardanti tematiche Psicologiche e Pedagogiche è specializzata, inoltre, nel sostegno di famiglie multiproblematiche e devianti avendo lavorato con nuclei familiari a rischio e con forte disagio socio- economico e culturale della II e III Municipalità di Napoli. Ha lavorato, inoltre, in Progetti nel campo delle disabilità dal 2001 al 2010 (Sindrome di Down e Tetraparesi Spastica). Dal 2008 al 2019 ha esercitato la professione di Mediatore Familiare in autonomia e, su richiesta, in collaborazione con Studi giuridici matrimonialisti. Ha collaborato presso il Centro Nutrizione&Benessere della Dott.ssa Silvana Di Martino sito in Casoria in programmi di Psicologia della Nutrizione, Educazione Alimentare, Formazione e gestione di spazi di Mediazione Familiare Sistemica. Autrice di Articoli sul quotidiano medico on line #TAGMEDICINA, è stata impegnata nella S.C. di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto Tumori di Napoli in attività connesse all’ Emergenza SARS CoV-2 da Maggio 2020 a Febbraio 2022. Attualmente lavora con pazienti pediatrici e pazienti adulti in trattamento radioterapico presso la U.O.C. di Radioterapia dell’ INT di Napoli “Fondazione G. Pascale” in qualità di Psicologa.

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