Ortoressia: quando il mangiar sano diviene un’ossessione

Può essere considerato un disturbo alimentare a tutti gli effetti anche se a differenza della bulimia e dell’anoressia non è ufficialmente riconosciuta come malattia o menzionata in alcun modo nel DSM 5, (il più utilizzato manuale nosografico per la diagnostica e la categorizzazione dei disturbi mentali)

- Adv -

L’ortoressia: dal greco orthos- corretto e ὄρεξις-órexis «appetito» è l’ossessione quasi maniacale per un’ alimentazione corretta e salutare. Siamo tutti d’accordo che seguire e promuovere una dieta sana è molto importante, ma facciamo attenzione a non far sì che questo comportamento sfoci in un’ossessione ai limiti della patologia che può risultare limitante per il soggetto stesso. Quando questa attenzione diventa “malsana”, infatti, il concetto di salute viene estremizzato. Si instaura una sorta di integralismo alimentare finalizzato al raggiungimento di uno stato di salute perfetto. L’ortoressia nervosa si caratterizza per una serie di preoccupazioni e convinzioni associate al cibo. I soggetti con sintomi ortoressici presentano un insolito e insistente interesse per la propria salute. Può essere considerato un disturbo alimentare a tutti gli effetti anche se a differenza della bulimia e dell’anoressia non è ufficialmente riconosciuta come malattia o menzionata in alcun modo nel DSM 5, (il più utilizzato manuale nosografico per la diagnostica e la categorizzazione dei disturbi mentali). Nell’ortoressia, che pone maggiore attenzione alla qualità dei cibi ingeriti piuttosto che alla quantità, i principi di una sana alimentazione ricca, completa e salutare come la dieta mediterranea vengono meno. Lasciano il posto a regole rigidissime, autoimposte che portano a ridurre al minimo la varietà di cibi, all’evitamento ossessivo di quegli alimenti non controllati (come quelli ricchi di conservanti o additivi alimentari artificiali) che possono danneggiare la salute e, quindi, alla loro esclusione anche in assenza di allergia o intolleranza. L’ ortoressia nervosa presenta elementi in comune con l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa e condivide somiglianze con il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo o il disturbo di dismorfismo corporeo.

L’ Ortoressia è stata proposta come forma patologica per la prima volta da Steve Bratman nel 1997, dietologo che si autodefinisce “ex-ortoressico” e che ha formulato un questionario allo scopo di identificare quella che lui ritiene essere una psicopatologia. Bratman correla certi comportamenti alimentari ad una paura, a volte maniacale, di ingrassare o di non essere in perfetta salute, che possono condurre a un risultato opposto con conseguenze negative sul sistema nervoso, avvertite con difficoltà dal soggetto colpito e in modo evidente da chi lo circonda. Le persone con questo disturbo dimostrano una tendenza al perfezionismo ed allo sviluppo di sintomatologie ansiose e depressive superiore alla popolazione generale.

La notevole quantità di tempo che queste persone trascorrono discutendo sull’esistenza di cibi puri e impuri, acquistando e cucinando scrupolosamente gli alimenti e la difficoltà nel concedersi pasti in ambienti esterni possono comportare conseguenze negative sulla loro vita lavorativa e relazionale. Le situazioni sociali divengono critiche alla luce del loro bisogno di programmare i pasti e conoscerne e controllarne ogni singolo ingrediente. Il soggetto ortoressico pianifica accuratamente i pasti anche con diversi giorni di anticipo, dedica più di 3-4 ore al giorno alla scelta degli alimenti da comprare, si preoccupa della purezza del cibo, si focalizza fortemente sulla preparazione e sulla modalità di cottura, anche a discapito del gusto e del piacere.

Ed è così che, la selezione del “buon cibo” basata sulla qualità diventa un insieme di pensieri ripetitivi e costanti, un atteggiamento ossessivo, talvolta maniacale, che limita la sfera sociale. Tutto deve essere “controllato” e “controllabile”, soprattutto gli effetti sul proprio organismo. Si perde, così, il senso di convivialità, la stessa rete sociale può risultare compromessa, tutto diventa un disagio, che porta all’isolamento personale, nella convinzione più totale delle proprie scelte.

Quando la persona affetta da ortoressia non riesce a seguire le regole che si impone, avverte l’insorgenza di emozioni negative come il senso di colpa e la rabbia o comunque un senso di disagio. Questo lo porta ad imporsi nuove e più rigide norme di comportamento da seguire. Si intuisce facilmente come ciò possa far accrescere angoscia, vergogna ed ansie. Al contrario, laddove rispetta le regole, e quindi ha un controllo sulla condotta alimentare ipersalutare, compaiono in lui soddisfazione personale, cresce l’autostima e ha una percezione positiva della propria immagine corporea.

Chi soffre di ortoressia, con le scelte adottate volte a promuovere la salute, in realtà mina non solo il proprio benessere emotivo e sociale, ma anche quello fisico. La restrizione alimentare a cui si sottopone può provocare malnutrizione, squilibri nutrizionali e perdita di peso, con conseguente compromissione della salute fisica. Come molti altri problemi alimentari la causa dell’ortoressia è ricercata nelle emozioni e nei pensieri sottostanti e si sviluppa spesso quando una persona non si sente bene con se stessa senza rigide regole alimentari. Le cause si trovano in fattori sia psicologici che ambientali quali: evento traumatico; paura del fallimento, tendenza al perfezionismo; paura di perdere il controllo di se stessi, immagine di sé non realistica.

Spesso gli ortoressici si sentono superiori agli altri proprio grazie alla dieta seguita, il che fa sembrare che la persona non manchi di autostima ma ciò nasconde spesso importanti problematiche a livello emotivo. Il soggetto ortoressico non riesce a prendere consapevolezza del suo problema, gli manca la percezione del proprio disturbo. La presa di coscienza, invece, è il primo passo per impegnarsi in maniera attiva nel trattamento. Curare l’ortoressia non è facile a causa del senso di superiorità che contraddistingue le persone che ne soffrono: essi, infatti, fanno delle loro convinzioni degli ideali di purezza interiore per cui non riconoscono nei loro comportamenti un problema. Per un adeguato intervento è necessaria una diagnosi precoce. La famiglia, l’ambiente scolastico o gli amici potrebbero essere i primi a intervenire in maniera tempestiva, se riescono a riconoscere alcuni campanelli d’allarme come la perdita di peso, l’assenza o la riduzione delle relazioni sociali, la preoccupazione alimentare. Per curare l’ortoressia è fondamentale un approccio multidisciplinare: medico, psicologico e nutrizionale. Questo consente di tenere sotto controllo il quadro clinico, lavorare sulle emozioni e reintrodurre gli alimenti eliminati mettendo in luce i benefici reali del cibo sulla salute.

Bisogna restituire all’ alimentazione un valore positivo, quello delle emozioni, dei ricordi e della condivisione. È importante, altresì, recuperare quell’equilibrio che non c’è più. Il cibo non può e non deve essere un limite per nessuno, e soprattutto deve tornare ad emozionare.

Dott.ssa Ilenia Gregorio
Psicologa Sociale iscritta all’Ordine degli Psicologi della Regione Campania N. 9622, Psicopedagogista Clinica, Mediatore Familiare Sistemico, Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale (Polo Clinico Centro Studi Kairos sede di Napoli dell’Accademia di Psicoterapia della Famiglia di Roma). Ha conseguito la Laurea cum Laude a ciclo unico in Scienze Psicopedagogiche presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli discutendo la Tesi in Psicologia Dinamica sui Meccanismi di difesa e le dinamiche psichiche del paziente oncologico. Ha conseguito, inoltre, una seconda Laurea Magistrale in Psicologia Sociale, dei Servizi e delle Organizzazioni approfondendo la Psicologia dei Processi Cognitivi nelle malattie croniche e neurodegenerative con una Tesi sui Disturbi Cognitivi, Affettivi e Comportamentali nella malattia di Parkinson presso l’Università di Roma. Impegnata da anni nel campo della ricerca e del sostegno psicologico e psicopedagogico in oncologia e nelle malattie neurodegenerative inizia nel 2006, la collaborazione in qualità di ricercatrice e supporto alla ricerca con l’INT Fondazione Pascale di Napoli nel Dipartimento di Ginecologia Oncologica e di Psiconcologia che la vede impegnata ancora oggi in Progetti di Ricerca, psico-educazione, sostegno psicologico alle famiglie con patologia oncologica, e psicoterapia occupandosi sia di pazienti pediatrici che di pazienti adulti. Esperta in Infant Observation e Play Therapy, Docente e Formatore ha collaborato con la Lega Italiana Lotta ai Tumori (sezione di Napoli), con la Regione Campania e con enti pubblici e privati in Progetti di educazione Socio-Sanitaria, Counseling psicologico e corsi di formazione regionali. Relatrice in diversi Convegni e Seminari riguardanti tematiche Psicologiche e Pedagogiche è specializzata, inoltre, nel sostegno di famiglie multiproblematiche e devianti avendo lavorato con nuclei familiari a rischio e con forte disagio socio- economico e culturale della II e III Municipalità di Napoli. E’stata ospite in diverse trasmissioni televisive e radiofoniche trattando tematiche psicologiche, pedagogiche e di salute e benessere. Ha lavorato in Progetti nel campo delle disabilità ed ha coadiuvato programmi di Psicologia della Nutrizione ed Educazione Alimentare nelle scuole e in centri privati. Pubblicista e autrice e di Articoli per diverse testate mediche on line è stata impegnata nella S.C. di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto Tumori di Napoli in attività connesse all’ Emergenza SARS CoV-2. Attualmente lavora come Psiconcologa presso la U.O.C. di Radioterapia dell’INT di Napoli “Fondazione G. Pascale” con pazienti pediatrici e pazienti adulti in trattamento radioterapico.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui