“Quello del genitore è il mestiere più difficile del mondo. Figli si nasce, genitori si diventa e non esiste un ‘manuale delle istruzioni’ del genitore perfetto”. Quante volte ci siamo sentiti ripetere queste frasi, questi luoghi comuni, senza comprenderne realmente il significato? Peccato che gli errori commessi dai genitori, anche se in buona fede, possono incrinare il rapporto con i figli e innescare delle problematiche negli adolescenti. Passeremo degli anni nel tentativo di fronteggiare dei conflitti apparentemente irrisolvibili. Ma se disponessimo di un “manuale delle istruzioni” avremmo raggiunto l’equilibrio perfetto nelle relazioni educative ma ci hanno insegnato che non esiste! La bella notizia, però, è che si può imparare a essere genitori. A sostenerlo è la Mental Coach e psicologa del Lavoro, Roberta Cesaroni, esperta in relazioni fra genitori e figli.
«Anche i genitori vanno educati». Ma c’è di più! «in soli ventuno giorni si può ristabilire un sano rapporto fra genitori e figli». In che modo? Secondo la dottoressa, in primis occorre fare chiarezza sui ruoli del padre, della madre e del figlio. Se in passato il genitore era infatti solo una figura rassicurante ma anche severa, oggi si è trasformato in amico o fratello. Un aspetto, questo, che lede l’autorevolezza genitoriale e crea delle serie problematiche.
«Non giudico i genitori, dico solo che non devono essere amici dei loro figli, semmai ‘allenatori’, come sosteneva lo psicologo Daniel Goleman. Devono essere dei coach che costruiscono i fuoriclasse del domani attraverso la comprensione, l’amore e la capacità di ascolto», sottolinea Roberta Cesaroni. «Ho applicato le mie competenze nel campo delle risorse umane all’interno della famiglia, lavorando su tre aree: area delle relazioni, dell’autonomia e delle competenze».
La mental coach insiste poi su una “parola chiave”: la prevenzione. «Una volta a settimana mi reco nelle scuole per fare prevenzione. Dedico un’ora a settimana ai genitori. Li ascolto, indico loro il percorso alternativo da seguire, affrontando tematiche quali la chimica, il cervello e tutto quello che si scatena quando qualche meccanismo si inceppa. Devo dire che i risultati sono straordinari, tanto che ricevo continuamente messaggi di ringraziamento per averli aiutati a ritrovare la bussola».
Un altro aspetto che incide sul rapporto genitori/figli, è emerso da una ricerca dell’Università Cattolica di Milano. Gli studi si sono focalizzati sulla convivenza di cinque generazioni all’interno di uno stesso nucleo familiare: ovvero le generazioni dell’era analogica vs quelle dell’era digitale. Va da sé che, parlando un linguaggio diverso, non ci si comprenda ma nella costruzione di un sano rapporto, il dialogo è fondamentale.
Roberta Cesaroni chiarisce «i genitori di oggi, sono dei genitori della Generazione X ovvero quelli tra i 34 e i 55 anni. Poi ci sono i nonni, la generazione Baby boomers, tra i 55 e i 74 anni. Senza dimenticare i traditional che sono i nonni e i bisnonni, dai 75 in poi.
Però abbiamo a che fare anche con la generazione Z, quella dei figli e, infine, c’è un’altra generazione, quella Alfa. E’ quindi evidente che siamo dinanzi a gap culturali e generazionali che comunicano con modalità diverse e distanti fra loro».
Cosa succede se non si riesce a comunicare in maniera sana con un teen-ager? La dottoressa avverte «i primi 2-3 anni dell’adolescenza sono caratterizzati da una fase di contrasto, conflitto, ribellione. Purtroppo siamo portati a pensare che la ribellione sia qualcosa di insano o innaturale. In realtà, è una forma di amore verso ciò che viene percepito come ingiusto, fa parte di un processo di crescita, di auto consapevolezza.
E’ una presa di coscienza. Se non si comprende questo concetto si crea un muro di incomprensioni. Quasi sicuramente i ragazzi andranno a cercare una spalla su cui piangere, fuori dalla famiglia. Troveranno magari l’amica fantastica, ma potrebbero anche trovare l’amica che ha le sue stesse difficoltà o che la trascina su sentieri pericolosi. Oppure cercheranno delle risposte nei social. Nel web. Spesso, infatti, quando le fondamenta educative mancano all’interno della famiglia, i ragazzi le sviluppano in base a quello che vedono o leggono online».
Però abbiamo a che fare anche con la generazione Z, quella dei figli e, infine, c’è un’altra generazione, quella Alfa. E’ quindi evidente che siamo dinanzi a gap culturali e generazionali che comunicano con modalità diverse e distanti fra loro».
Cosa succede se non si riesce a comunicare in maniera sana con un teen-ager? La dottoressa avverte «i primi 2-3 anni dell’adolescenza sono caratterizzati da una fase di contrasto, conflitto, ribellione. Purtroppo siamo portati a pensare che la ribellione sia qualcosa di insano o innaturale. In realtà, è una forma di amore verso ciò che viene percepito come ingiusto, fa parte di un processo di crescita, di auto consapevolezza.
E’ una presa di coscienza. Se non si comprende questo concetto si crea un muro di incomprensioni. Quasi sicuramente i ragazzi andranno a cercare una spalla su cui piangere, fuori dalla famiglia. Troveranno magari l’amica fantastica, ma potrebbero anche trovare l’amica che ha le sue stesse difficoltà o che la trascina su sentieri pericolosi. Oppure cercheranno delle risposte nei social. Nel web. Spesso, infatti, quando le fondamenta educative mancano all’interno della famiglia, i ragazzi le sviluppano in base a quello che vedono o leggono online».