Le Neuroscienze aiutano a potenziare le performance

Se ne parla il più delle volte in tema di riabilitazione, quando le capacità sono compromesse in seguito a una patologia, ictus, trauma cranico, Alzheimer, ma le biotecnologie possono aiutare anche in prevenzione, ad esempio per allontanare il rischio di malattie Neurodegenerative, per un Invecchiamento Sano, o nei casi in cui occorre potenziare le performance.

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Viviamo in un mondo pervaso da innovazione tecnologica. Fortunatamente tra queste innovazioni sono tante anche quelle in ambito sanitario, grazie alla quali oggi è possibile ottenere un miglioramento della qualità di vita. Le strumentazioni attualmente in uso in ambito neuroscientifico per migliorare le capacità cognitive e motorie -due aspetti che è impossibile scindere in un sistema complesso come il nostro organismo- si possono racchiudere in particolare in due tipologie: i dispositivi di stimolazione elettrica e di Fotobiomodulazione cerebrale.

Se ne parla il più delle volte in tema di riabilitazione, quando le capacità sono compromesse in seguito a una patologia, ictus, trauma cranico, Alzheimer, ma le biotecnologie possono aiutare anche in prevenzione, ad esempio per allontanare il rischio di malattie Neurodegenerative, per un Invecchiamento Sano, o nei casi in cui occorre potenziare le performance. Ma qui è necessaria una considerazione: “aiuto” non significa cura miracolosa. Nessun dispositivo da solo è in grado di operare un cambiamento: attivano fisiologicamente circoli virtuosi, “insegnano” alla cellula come fare a svolgere determinate attività (si chiama apprendimento cellulare) ma tutti necessitano di una buona impostazione iniziale, e quindi di essere usati correttamente del professionista sanitario, e di uno sforzo da parte del paziente.

Il numero di sedute che serve per ottenere dei risultati varia molto in base al tempo in cui si è stati

in una situazione di cronicità: maggiore sarà stato questo tempo, più ne servirà per ottenere quel miglioramento cui si auspica.

IL PESO DELLO STRESS SUL LAVORO: IL CASO DEI MENAGER
Due ambiti in cui le biotecnologie costituiscono strumenti preziosi sono
il lavoro e lo sport. Pensiamo al primo e in particolare al caso emblematico di un manager sottoposto quotidianamente a un altissimo carico lavorativo: una vita sotto scacco di una richiesta continua di concentrazione su più compiti, la pressante necessità di stare al passo coi tempi, la responsabilità delle decisioni… Per queste figure professionali, più di altre, la conseguenza ovvia è un accumulo di stress, un elemento che comporta modifiche a tutti i nostri sistemi: cardiovascolare, metabolico, immunitario, nervoso. Compromette le funzioni e innesca uno stato di infiammazione generalizzato a livello delle aree cerebrali, con conseguenze nella quotidianità legate a memoria, sonno-veglia, attenzione, umore.

LA STIMOLAZIONE ELETTRICA
La soluzione in caso di stress non passa certo dal ripromettersi di “vivere una vita meno stressante”. Effettuare sedute di stimolazione elettrica scientificamente ha dimostrato di essere un valido aiuto. Sottoporsi a un determinato numero di sedute, stabilite opportunamente dal professionista sanitario, si è visto che aiuta a recuperare efficienza, energia, migliora la capacità di organizzazione e pianificazione delle attività quotidiane e la capacità di focalizzarsi su un compito o su più compiti e portali a termine.

Il trattamento è indolore e non invasivo, non si sente assolutamente niente al momento dell’applicazione, nei giorni a seguire non ci sono effetti collaterali, ma nei giorni a seguire si percepisce -alle condizioni dette- una maggiore capacità di concentrazione e focalizzazione sulle attività quotidiana e lavorativa, un miglioramento nel proprio umore e nella qualità del sonno.

Le aree cerebrali coinvolte nel caso di un potenziamento in ambito lavorativo sono il lobo frontale, che può essere definito il nostro grande “giudice interiore” in quanto è la parte deputata alla pianificazione del comportamento, ci permette di decidere quali sono quelli da mettere in atto e quali inibire perché non adatti o socialmente adeguati; il lobo temporale, che è legato alla capacità di parlare e comprendere; l’ippocampo, il magazzino della nostra memoria.

LA FOTOBIOMODULAZIONE (ANCHE) PER GLI SPORTIVI

Passando all’ambito lavorativo, in base al tipo di sport sono diverse le aree cerebrali coinvolte. D’altronde è facile immaginare che praticare tiro con l’arco richieda abilità differenti rispetto a quelle da mettere in campo quando si fa pugilato.

È stato dimostrato che effettuare sedute di Fotobiomodulazione pre e post-gara attiva un circolo virtuoso. In particolare, grazie all’assorbimento della particolare luce a cui si espongono i tessuti biologici migliora l’ossigenazione cerebrale, si abbassano i livelli di stress ossidativo, si ottimizza il recupero post-sforzo riducendo l’affaticamento.

La Fotobiomodulazione, dati alla mano, migliora il metabolismo cerebrale (quanto concerne i neurotrasmettitori), abbassa lo stress ossidativo della cellula, gli indici infiammatori. Spesso inoltre effettuare questo trattamento è anche un passaggio “obbligato” prima di effettuarne eventuali altri, di stimolazione magnetica o elettrica perché, per semplificare, come stimolare una cellula se prima non ho agito su di essa? Quando sono affaticate il primo passo è liberarsi delle tossine interne, tramite, appunto, Fotobiomodulazione.

Tra le aree cerebrale coinvolte in ambito sportivo sono soprattutto la corteccia motoria e la somatosensoriale (legata alla sensorialità); le abilità che ne beneficiano sono quelle di attenzione visuo-spaziali.

L’IMPRTANZA DELLA SPETTROSCOPIA NEL VICINO INFRAROSSO

Si diceva del ruolo cruciale del professionista sanitario nell’impostare correttamente un piano di potenziamento delle performance. È imprescindibile in questa fase (ma non solo) affidarsi alla Spettroscopia nel vicino infrarosso, un esame -frutto di anni di ricerca neuroscientifica- che serve a valutare la capacità cerebrale negli sportivi sul campo, cioè esattamente mentre svolgono l’attività. La Spettroscopia nel vicino infrarosso è infatti l’unico strumento che consente una precisa valutazione delle aree cerebrali in un ambiente naturale. Tramite questo si comprendono sia i deficit, sia i punti di forza delle aree cerebrali, e quindi di fare una valutazione del sistema a tutto tondo, dello sportivo e del lavoratore che sia, in modo da ottenere un piano individualizzato per accrescere le competenze e migliorare le performance.
La decisone sullo strumento a cui ricorrere, naturalmente, spetta al professionista sanitario con competenze sull’area neuroscientifica e sull’uso delle biotecnologie.

Laureata in Psicologia, indirizzo Neuroscienze Cognitive all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ha conseguito il Master di II Livello in “Neuroscienze Cliniche: valutazione, diagnosi e riabilitazione neuropsicologica e neuromotoria” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Esperta nell’utilizzo di tecniche di neuromodulazione, neuronavigazione, neurostimolazione. Ha fondato Cerebro®, Startup di Biotecnologie neuroscientifiche. È stata insignita della Menzione speciale “Implementazione team multidisciplinare” dall’Associazione Donne Inventrici e Innovatrici. È giornalista pubblicista iscritta all’Albo dei Giornalisti della Lombardia.

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