Dimentico cose. Devo preoccuparmi?

Sento spesso frasi del genere dai miei pazienti. Rendersi di conto di dimenticare delle cose fa disorientare tutti, a qualunque età.

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Ho vuoti di memoria, dimentico gli appuntamenti, i compleanni, ormai devo segnarmi ogni cosa. A volte anche mentre parlo mi capita di non ricordarmi più cosa devo dire”.

Sento spesso frasi del genere dai miei pazienti. Rendersi di conto di dimenticare delle cose fa disorientare tutti, a qualunque età.

Scatta subito un campanello d’allarme, si teme sia l’inizio di una patologia, di un problema serio. In effetti, il più delle volte è lo stress a giocare brutti scherzi, ma guai a liquidare il problema con è “soltanto” stress. Non è una cosa da sottovalutare.

Per spiegare il perché è necessaria una premessa. La memoria è strettamente legata all’attenzione: possiamo pensarla come un faro di un palcoscenico che illumina una porzione, nel buio succedono tante cose ma non essendovi “luce” non le guardiamo. Ecco, possiamo memorizzare soltanto ciò che è sotto la nostra “luce-attenzione”. Quando dimentichiamo qualcosa l’80% delle volte si tratta semplicemente di parti a cui non abbiamo prestato sufficiente attenzione, e la causa principale è appunto lo stress che, alla lunga, danneggia tutto l’organismo.

I danni causati dallo stress sono un lungo elenco
In situazioni stressogene si attiva l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e si ha il conseguente rilascio da parte della ghiandola surrenale di cortisolo, il famoso ormone dello stress. Ciò che viene innescato nel cervello è legato alla struttura dell’ippocampo, l’area associata alla memoria e alle emozioni, che perde volume e comincia a restringersi.
Lo stress altera poi la circolazione del sangue nel cervello che così riceve meno nutrienti e meno ossigeno, portandoci a correre un rischio maggiore di patologie cerebro vascolari.
Con un rilascio costante di cortisolo si ha inoltre una ridotta produzione di endorfine, che si traduce in perdita di piacere e interesse nelle cose, appiattimento emotivo.
Infine, si registra un’alterazione dei cicli sonno-veglia che porta a periodi di insonnia o notti caratterizzate da continui risvegli e sonno poco ristoratore.

Non solo: la maggior parte delle malattie neurologiche è legata a stati di infiammazione, detta anche neuroinfiammazione, che si cronicizza nel tempo.

Le cause più comuni di perdita di memoria

Dai 20 anni in poi, progressivamente, la memoria subisce dei cambiamenti. Le cause più comuni di perdita di memoria sono correlate all’età. Più andiamo avanti con l’età più c’è bisogno di tempo per rievocare determinati eventi o informazioni.

Diverso è il caso di Deficit cognitivo lieve che comporta difficoltà nel ricordare conversazioni recenti, appuntamenti importanti, eventi sociali. Chi ne è colpito però solitamente ricorda gli eventi passati.
Il Deficit cognitivo lieve, poi, può evolvere o meno in Demenza. Se succede, la memoria a lungo termine diventa difficoltosa: si dimenticano interi eventi e si perde la cognizione del tempo. Una caratteristica della Demenza è che chi ne è affetto non ne ha consapevolezza, al contrario di chi ha perdite di memoria riconducibili alla Depressione, che è consapevole della sua difficoltà e se ne lamenta.

A chi rivolgersi?

In caso di dimenticanze frequenti il primo a cui rivolgersi è il medico di base che, generalmente, invia al neurologo. Questo esegue un esame obiettivo neurologico, richiede esami del sangue e in caso di situazioni poco chiare anche altri, come una Tac.
Erroneamente si fa poco ricorso al neuropsicologo, uno specialista in grado di fare una valutazione neuropsicologica, cioè di valutare, secondo metodi scientifici, il grado di attenzione, memoria, e la capacità di gestire più compiti allo stesso momento. Questa valutazione serve a individuare le aree deficitarie ma anche i punti di forza. A seconda del quadro clinico del paziente, poi, si può optare per una riabilitazione cognitiva, una stimolazione o per un trattamento di potenziamento cognitivo.

La riabilitazione cognitiva punta a ripristinare le abilità perse con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e fare ottenere ai pazienti una maggiore autonomia; il potenziamento cognitivo invece si imposta quando sono presenti problemi di memoria legati appunto a fattori di stress o ansia in assenza di patologia neurologica.

Le biotecnologie aiutano a migliorare (anche) la memoria.

La riabilitazione, che sia essa cognitiva o motoria, può essere supportata da strumenti estremamente sofisticati: non invasivi, sicuri, efficaci e in grado di individualizzare i percorsi terapeutici sulla base delle esigenze e richieste dei pazienti. Il consiglio è di affidarsi sempre a centri specialistici che si occupino di neuroriabilitazione, privati o ospedalieri, che possano contare su un team multidisciplinare.

Laureata in Psicologia, indirizzo Neuroscienze Cognitive all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ha conseguito il Master di II Livello in “Neuroscienze Cliniche: valutazione, diagnosi e riabilitazione neuropsicologica e neuromotoria” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Esperta nell’utilizzo di tecniche di neuromodulazione, neuronavigazione, neurostimolazione. Ha fondato Cerebro®, Startup di Biotecnologie neuroscientifiche. È stata insignita della Menzione speciale “Implementazione team multidisciplinare” dall’Associazione Donne Inventrici e Innovatrici. È giornalista pubblicista iscritta all’Albo dei Giornalisti della Lombardia.

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