Vaiolo delle scimmie, casi di encefalomielite a seguito dell’infezione. Il report Cdc

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Dopo un’infezione da vaiolo delle scimmie due maschi statunitensi sani sulla trentina, entrambi sopravvissuti, hanno sviluppato un’encefalomielite. Ecco quanto si legge in un rapporto dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) appena pubblicato su Morbidity and Mortality Weekly Report, primo firmatario Daniel Pastula, infettivologo e neurologo presso la Scuola di medicina dell’Università del Colorado ad Aurora.
Il primo caso si è verificato in un uomo gay non vaccinato contro il vaiolo delle scimmie o il vaiolo. In nona giornata dai sintomi di esordio si è verificato un intorpidimento del braccio e della gamba sinistra con difficoltà alla minzione. La risonanza magnetica (RM) ha mostrato lesioni cerebrali e alla colonna vertebrale, senza DNA virale nel liquido cerebrospinale. Trattato con tecovirimat orale, metilprednisolone endovena, immunoglobuline e penicillina, l’intorpidimento degli arti si è stabilizzato dopo due settimane, con persistente ipostenia alla gamba sinistra migliorata dopo plasmaferesi. L’eruzione cutanea di esordio si è risolta in 3 settimane, e il paziente è stato avviato alla riabilitazione utilizzando un dispositivo di deambulazione assistita. Anche il secondo caso si è verificato in un uomo gay sano non vaccinato contro il vaiolo delle scimmie; ignota la vaccinazione contro il vaiolo. Cinque giorni dopo l’esordio dei sintomi è comparsa incontinenza intestinale e vescicale e una progressiva ipostenia flaccida di entrambe le gambe seguita da ottundimento del sensorio. La RM ha mostrato lesioni cerebrali e alla colonna vertebrale; una TC ha rivelato ispessimento rettale e aumento dimensionale dei linfonodi pelvici. Trattato anch’egli con tecovirimat orale e metilprednisolone endovena, non è migliorato se non dopo plasmaferesi. L’eruzione cutanea di esordio è guarita in 5 settimane. Dopo trattamento con rituximab endovena è stato avviato alla riabilitazione utilizzando un dispositivo di deambulazione assistita. «Per ora non è chiaro quale sia il miglior trattamento» commenta Pastula, spiegando che tecovirimat è raccomandato nei casi gravi, e i corticosteroidi possono essere presi in considerazione in caso di demielinizzazione o malattia simile all’encefalomielite acuta disseminata. «Da considerare sono anche le immunoglobuline in vena o la plasmaferesi, ricordando che i benefici del trattamento andrebbero valutati a fronte dei rischi immunosoppressivi in un’infezione attiva» concludono gli autori.

MMWR 2022. Doi: 10.15585/mmwr.mm7138e1
http://dx.doi.org/10.15585/mmwr.mm7138e1

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