Il Significato Psicologico di Halloween tra storia, leggenda e contaminazione.

Perché fantasmi, castelli infestati, storie di streghe e leggende macabre attirano da sempre persone di tutte le età? E’un discorso legato all’attrazione che l’essere umano prova nei confronti delle paure ancestrali.

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Ragni giganti, zombie, streghe e mummie e tutti gli orrori nascosti nel buio impegnano antichi meccanismi evolutivi e di sopravvivenza dell’uomo. Sembra quasi che ci sia una sorta d’innamoramento verso l’emozione che provoca uno spavento e Halloween fornisce un’abbondanza di tutti questi sentimenti. I film horror, i mostri, e l’iconografia di Halloween hanno culturalmente successo perché si collegano bene agli adattamenti evolutivi e biologici dell’uomo.

Perché fantasmi, castelli infestati, storie di streghe e leggende macabre attirano da sempre persone di tutte le età? E’un discorso legato all’attrazione che l’essere umano prova nei confronti delle paure ancestrali. La paura è una queste, anzi possiamo dire che è l’emozione ancestrale per eccellenza.

La paura è un’emozione primaria che ci preserva dai pericoli inattesi e da situazioni potenzialmente dannose, che minacciano la nostra sicurezza. E’presente da sempre sia nel genere umano che nel regno animale. Come tutte le emozioni ha una funzione adattiva, protegge infatti l’individuo di fronte a un pericolo o a una minaccia (reale o immaginaria che sia), inducendoci ad assumere atteggiamenti che ci permettono di sopravvivere. Ricordando il meccanismo tipico di risposta emozionale, fight or flight: mentre la collera ci attiva al fight=attacco, la paura ci predispone al flight=fuga, ed è preziosissima sin dai primi anni di vita. Fin dall’alba dei tempi infatti, la paura è una delle emozioni più forti e sicuramente la più provata. Dalla paura di essere soli a quella del buio, dalla paura degli insetti a quella dei luoghi affollati. Le paure sono tante quante sono le persone o gli eventi che possono accadere. Un’altra funzione della paura è la sottomissione, infatti essa ci programma anche a comportamenti adattativi, favorendo ad esempio l’ordine sociale mediante formazione di gerarchie di potere o di regolazione sociale. Il processo educativo incentivando la “socializzazione” agisce spesso sui meccanismi della paura. Per comprendere ciò possiamo rifarci alle fiabe: piene di streghe, mostri e figure del male. Attraverso fiabe e leggende la società insegna ai bambini quali sono i limiti e i tabù che non possono essere superati. Ad esempio, insegnano la paura dell’ignoto (il bosco da attraversare), a rispettare le regole condivise (non uscire dal villaggio), ed altre norme attraverso simboli e metafore.

La paura in determinate circostanze, può non solo attivare il cervello, ma addirittura “calmarlo”.

Ogni persona che si trova in una situazione percepita come paurosa o pericolosa, attiva la parte del cervello che gestisce le emozioni, l’amigdala, che innesca la cosiddetta risposta “reagisci e scappa”, che a sua volta si concretizza, ad esempio, nei palmi delle mani che sudano mentre le pupille si dilatano e fa in modo che vengano pompati nell’organismo dopamina e adrenalina, ma il cervello di alcune persone ne rilascia in quantità maggiore, ed è questo uno dei motivi per cui alcune persone si divertono a provare paura. C’è chi, “la paura se la cerca”. Alcune persone, infatti, hanno bisogno di stimoli ed emozioni che esorcizzino le paure inconsce come essere aggrediti, perdere qualcuno, sentirsi impotenti o essere abbandonati. Ecco perché alcuni vedono film horror, leggono libri gialli o sono affascinati da storie di streghe e fantasmi. Questa tensione fa sentire vivi e in allerta, ci fa immedesimare e avvicinare a ciò che ci spaventa, permettendoci di mantenere una sorta di “distanza di sicurezza”.

Per quanto la paura abbia anche un aspetto distruttivo, essa può anche attrarre, fungere da stimolo: imbattersi nel nuovo, nell’ignoto, intraprendere sfide e avventure, vivere cambiamenti, affrontare il timore trasformandolo in curiosità e ricavandone soddisfazione: avere il meglio sulla paura ci emancipa da ciò che ci sembra schiacciante e minaccioso.

Come si pone Halloween in questo contesto? Tra paura, leggenda, contaminazione, storia e dissacrazione?

In quanto ricorrenza Halloween è arrivata in Italia, sotto forma di festa, da un po’ di anni, tra critiche, ambivalenza e accettazione. Si festeggia la notte del 31 ottobre, e può essere associata alla festa italiana della Vigilia di Ognissanti in cui grandi e piccini, si travestono da vampiri assetati di sangue, spaventosi fantasmi, streghe cattive o zombie. Tutti questi travestimenti rappresentano personaggi immaginari, ma spaventosi e raccapriccianti che durante tutto l’anno vengono “dimenticati” e che per l’occasione diventano accessibili a tutti. Ma qual è la vera origine di Halloween? Il nome Halloween (in irlandese Hallow E’en), deriva dalla forma contratta di All Hallows’ Eve, dove Hallow è la parola arcaica inglese che significa Santo: la vigilia di tutti i Santi.

Forse non tutti sanno che la festa di Halloween non nasce in America ma ha origini antichissime rintracciabili in Irlanda, quando la verde Erin era dominata dai Celti. Halloween corrisponde infatti a Samhain, il capodanno celtico. Dall’Irlanda, la tradizione è stata poi esportata negli Stati Uniti dagli emigranti, che, spinti dalla terribile carestia dell’800, si diressero numerosi nella nuova terra. Halloween, quindi, è una ricorrenza antichissima di origine celtica che nasce in Irlanda per celebrare la fine dell’estate. I colori tipici erano l’arancione per ricordare la fine della mietitura e il nero, a simboleggiare l’imminente arrivo dell’inverno. Durante questa festa venivano accesi grandi fuochi sulle colline per guidare il pascolo del bestiame e per spaventare le anime dei defunti e degli spiriti che tornavano sulla Terra per una notte alla ricerca di un corpo da possedere. Doveva essere una notte molto speciale.

Come ogni festa popolare, anche quella di Halloween ha un significato psicologico, infatti nasconde il desiderio di esorcizzare ciò che l’uomo teme da sempre, “la morte” appunto, il terrore ultimo che ci accomuna tutti e che, soprattutto nella nostra cultura occidentale, costituisce un tabù di cui raramente si parla.

Questa festa diventa una delle poche occasioni in cui la morte, ha accesso alla nostra quotidianità, attenuata da stratagemmi che la rendono innocua o per lo meno sopportabile: i dolci, i festeggiamenti, l’atmosfera scherzosa. Halloween consente, insomma, di avvicinarci in modo meno drammatico a ciò che temiamo.

I bambini, che provano naturale attrazione verso tutto ciò che appare mostruoso e pauroso, sono molto affascinati da questa ricorrenza proprio perché la paura è un sentimento che iniziano a conoscere molto presto e al quale hanno bisogno di dare concretezza; infatti, già dai tre anni tutto ciò che fa paura e che appare troppo astratto e ingestibile viene trasformato in qualcosa di concreto a cui viene dato un nome in modo che sia più facile affrontarla e gestirla. Travestirsi dai personaggi che di solito li spaventano, come streghe o fantasmi, consente loro di esorcizzare la paura trasformandosi proprio in quelle creature e sentendosi così al sicuro. Il “per finta”, sia nella fiaba che nella festa di Halloween, è ciò che consente di approcciarsi a ciò che spaventa in un modo più rassicurante. In questa ricorrenza, entrando in gioco il tema della morte, (della quale dagli 8-10 anni in poi i bambini acquisiscono sempre più consapevolezza), essere immersi in un’atmosfera del genere aiuta i bambini ad avere un avvicinamento giocoso e meno angosciante a questo aspetto.

Certo non tutti amano Halloween. Ciò significa che pur mettendoci in contatto con la nostra eredità evolutiva, a confronto con antichi riflessi, questa realtà non è insita in tutti noi, e allo stesso tempo vi può essere, certamente, anche un rifiuto verso quella commercializzazione che si è impadronita del vero significato della commemorazione. Ad ogni modo, i bambini amano giocare con gli spettri e giocare a scappare dal mostro, gli stimoli spaventosi li divertono, chiaramente se li accompagniamo in modo adeguato. Questa ricorrenza può essere quindi, considerata utile a livello psicologico a tutte le età come approccio alla paura, ma soprattutto come contatto con “le più disparate paure” e per arrivare all’ elaborazione delle stesse in modo meno angosciante possibile. Inoltre, in determinati contesti educativi, può risultare funzionale al contenimento di eventi e situazioni non facilmente gestibili.

Psicologa abilitata presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Iscritta all' Ordine degli Psicologi della Campania n. 9622, Pedagogista Clinica e Mediatore Familiare Sistemico-Relazionale, ha conseguito la Laurea cum Laude in Scienze Psicopedagogiche all’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli discutendo la Tesi in Psicologia Dinamica sui Meccanismi di difesa e le dinamiche psichiche del paziente oncologico, dopo aver svolto un tirocinio accademico pre-lauream presso il Dipartimento di Psicologia Oncologica dell’ INT G. Pascale di Napoli. Ha conseguito, inoltre, una seconda Laurea Magistrale in Psicologia Sociale, dei Servizi e delle Organizzazioni approfondendo la Psicologia dei Processi Cognitivi nelle malattie croniche e neurodegenerative con una Tesi sui Disturbi Cognitivi, Affettivi e Comportamentali nella malattia di Parkinson presso l’Università di Roma. Ha svolto un ulteriore tirocinio professionalizzante post Lauream presso la Sede di Napoli dell’Accademia di Psicoterapia della Famiglia (RM) “Polo Clinico Centro Studi Kairos” dove è attualmente in formazione come Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale. Specializzata in Mediazione Familiare e Consulenza di Coppia ad orientamento Sistemico presso L’ Istituto di Medicina e Psicologia Sistemica di Napoli (IMEPS), inizia nel 2006, la collaborazione in qualità di ricercatrice con l’INT Fondazione Pascale di Napoli che la vede impegnata in Progetti di Ricerca, Educazione e consulenza Socio-Sanitaria nel campo della familiarità dei tumori femminili (Dipartimento di Ginecologia Oncologica). Continua la sua attività di ricerca ed assistenza in ambito psicopedagogico e clinico attraverso interventi di Infant Clinical Observation, Ludoterapia e Supporto alle famiglie, occupandosi dal 2008 di problemi psico-educativi in età evolutiva di bambini figli di pazienti oncologici presso il Servizio Ludoteca (Ambulatorio Famiglia) dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli (Dipartimento di Psiconcologia Clinica). Nel 2015 si perfeziona in ambito Psiconcologico attraverso il Corso di Alta Formazione in Psico-Oncologia dal titolo “La Psicologia incontra l’Oncologia” patrocinato dalla SIPO: Società Italiana di Psiconcologia. Docente e Formatore ha collaborato con la Lega Italiana Lotta ai Tumori- sezione di Napoli- a Progetti di Educazione Socio-Sanitaria e, con la Regione Campania, in Corsi di Formazione Regionali. Relatrice di Convegni e Seminari riguardanti tematiche Psicologiche e Pedagogiche è specializzata, inoltre, nel sostegno di famiglie multiproblematiche e devianti avendo lavorato con nuclei familiari a rischio e con forte disagio socio- economico e culturale della II e III Municipalità di Napoli. Ha lavorato, inoltre, in Progetti nel campo delle disabilità dal 2001 al 2010 (Sindrome di Down e Tetraparesi Spastica). Dal 2008 al 2019 ha esercitato la professione di Mediatore Familiare in autonomia e, su richiesta, in collaborazione con Studi giuridici matrimonialisti. Ha collaborato presso il Centro Nutrizione&Benessere della Dott.ssa Silvana Di Martino sito in Casoria in programmi di Psicologia della Nutrizione, Educazione Alimentare, Formazione e gestione di spazi di Mediazione Familiare Sistemica. Autrice di Articoli sul quotidiano medico on line #TAGMEDICINA, è stata impegnata nella S.C. di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto Tumori di Napoli in attività connesse all’ Emergenza SARS CoV-2 da Maggio 2020 a Febbraio 2022. Attualmente lavora con pazienti pediatrici e pazienti adulti in trattamento radioterapico presso la U.O.C. di Radioterapia dell’ INT di Napoli “Fondazione G. Pascale” in qualità di Psicologa.

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