“As time Goes by”. Il lungo addio del cervello nella Malattia di Parkinson.

Il sistema nervoso, infatti, è il più vulnerabile dalle malattie senili, ed è quello che determina anche il più alto grado di disabilità: una di queste è il morbo di Parkinson

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Vi sono malattie che hanno massima incidenza con l’invecchiamento, anche se possono in alcuni casi, presentarsi precocemente e non necessariamente in quella fascia di età che va oltre i 65 anni. Sono patologie che colpiscono in maniera cronica, progressiva e invalidante, articolazioni, reni, fegato, cuore e purtroppo in prima linea il cervello. Il sistema nervoso, infatti, è il più vulnerabile dalle malattie senili, ed è quello che determina anche il più alto grado di disabilità: una di queste è il morbo di Parkinson una condizione neuropatologica definita come altre malattie neurodegenerative “la malattia del lungo addio” perché poco alla volta, l’individuo perde la capacità di compiere anche i piccoli gesti legati alla quotidianità e con il progredire, via via, insorgono deficit neurocognitivi, disturbi comportamentali e manifestazioni psicopatologiche. Il cervello si spegne lentamente anche se con una progressione più veloce nelle ultime fasi della malattia. Il morbo di Parkinson è una malattia degenerativa lentamente progressiva di aree specifiche del cervello. È caratterizzata da tremore quando i muscoli sono a riposo (tremore a riposo), aumento del tono muscolare (rigidità), rallentamento dei movimenti volontari e difficoltà a mantenere l’equilibrio (instabilità posturale). In molte persone viene compromesso il pensiero, in molti casi si sviluppa una forma di demenza. Nello specifico la malattia di Parkinson deriva dalla degenerazione della parte del cervello che aiuta a coordinare i movimenti. Spesso il sintomo più ovvio è un tremore che si manifesta quando i muscoli sono rilassati. I muscoli si irrigidiscono, i movimenti rallentano e sono scoordinati e si perde facilmente l’equilibrio. A livello cerebrale attraverso le tecniche di neuroimaging si osserva una degenerazione delle cellule nervose (substantia nigra) dei gangli basali (nuclei caudato, putamen e pallido). I gangli basali hanno la funzione di:

  • avviare e regolare i movimenti muscolari volontari

  • sopprimere i movimenti involontari

  • Coordinare le variazioni posturali

Tutto ciò viene progressivamente compromesso con l’ avanzare della malattia.

Per quanto riguarda la demenza, possiamo dire che essa si sviluppa in circa un terzo delle persone con malattia di Parkinson,- generalmente nelle fasi più avanzate della malattia-. In molte altre, viene compromesso il pensiero, ma queste possono non rendersene conto. Si può sviluppare depressione, talvolta anni prima che le persone abbiano problemi di movimento. La depressione tende a peggiorare man mano che la malattia di Parkinson si aggrava e a sua volta può anche compromettere e acutizzare i problemi di movimento. Con l’ inizio di forme di demenza possono osservarsi allucinazioni, manie e paranoia. Le persone possono vedere o udire cose inesistenti (allucinazioni) o avere convinzioni ferme nonostante chiare evidenze del contrario (manie). Possono diventare diffidenti ed essere convinte che le altre persone intendono arrecare loro danno (paranoia). Questi sintomi sono ritenuti psicotici, perché rappresentano una perdita di contatto con la realtà. La demenza dovuta a malattia di Parkinson è purtroppo, una condizione che si verifica in molti pazienti. Nel cervello affetto da malattia di Parkinson il neurotrasmettitore dopamina, essenziale per l’attività motoria, viene prodotto in quantità inferiore rispetto a un cervello sano, a causa della massiccia perdita neuronale della substantia nigra (oltre il 60% dei neuroni di quest’area muore). Dal midollo al cervello cominciano a comparire anche accumuli di una proteina chiamata alfa-sinucleina che prende il nome di “Corpi di Lewy” (si trovano anche in altre forme di demenza, come la demenza con corpi di Lewy per l’appunto). Forse sono proprio questi aggregati proteici anomali a diffondere la malattia in tutto il cervello. Infatti mentre si verificano questi cambiamenti neuropatologici iniziano i primi sintomi cognitivi, quali difficoltà di memoria, di concentrazione, di capacità di ragionamento e di giudizio, difficoltà ad interpretare informazioni visive. Inoltre in questi pazienti l’ascolto risulta attutito, possono presentarsi allucinazioni visive, deliri, depressione, irritabilità, ansia, disturbi del sonno, come eccessiva sonnolenza diurna e disturbi del sonno REM (rapide eyes movement). Circa il 40% delle persone con morbo di Parkinson sviluppa la demenza correlata a tale condizione, solitamente dopo i 70 anni e circa 10-15 anni dopo la diagnosi. La demenza è un lento e progressivo declino della funzione mentale che include memoria, pensiero, giudizio e capacità di apprendimento. Nella demenza associata al morbo di Parkinson, i corpi di Lewy tendono a formarsi proprio in quel che resta della substantia nigra, la zona che viene colpita dal Parkinson. La demenza da corpi di Lewy e la demenza da morbo di Parkinson possono essere variazioni di uno stesso disturbo. In esso, la sinucleina (una proteina cerebrale che aiuta le cellule nervose a comunicare) cambia la sua forma (si ripiega incorrettamente) e si accumula lentamente per la maggior parte nel cervello, ma anche nel tratto digerente e nel cuore. Questi depositi anomali di sinucleina sono chiamati corpi di Lewy. La sinucleina ripiegata erroneamente nei corpi di Lewy promuove il ripiegamento errato di altra sinucleina, determinando la formazione di altri corpi di Lewy. Il danno cerebrale deriva dall’accumulo dei corpi di Lewy che successivamente arrecano danno anche ad altri organi. Nelle fasi precoci, la funzione mentale varia, spesso in modo drastico, fra i vari giorni o settimane, ma a volte anche da un momento all’altro. Un giorno, le persone possono essere vigili, in grado di concentrarsi e conversare coerentemente e il giorno dopo possono essere sonnolente, distratte e silenziose. All’inizio, l’attenzione e la vigilanza possono essere colpite più della memoria, inclusi i ricordi degli eventi recenti. Nelle fasi precoci di questo tipo di demenza, i problemi di memoria possono essere dovuti più alla mancanza di attenzione che al problema di memoria effettivo. I problemi di memoria più evidenti tendono a verificarsi successivamente, con la progressione della demenza. I soggetti hanno sempre maggiori difficoltà a pianificare, a risolvere i problemi, a gestire attività complesse. Le capacità grafiche e la capacità di copiare e di disegnare possono essere compromesse più gravemente rispetto ad altre funzioni cerebrali. Nella demenza da morbo di Parkinson, che solitamente comincia a comparire verso la fine del IV stadio e l’ inizio del V ed ultimo stadio, i problemi di equilibrio e di deambulazione e le cadute sono sempre più frequenti, e i problemi muscolari (come rigidità e movimenti rallentati) peggiorano più rapidamente rispetto al morbo di Parkinson senza demenza. Ciò comporta la totale dipendenza del paziente da altre persone, una impossibilità a provvedere anche a semplici azioni quotidiane e con l’ aumento della perdita di equilibrio e delle cadute, il paziente finisce per essere allettato. In questa situazione di totale di dipendenza e di fine della propria autonomia il deterioramento cerebrale comincia progredire in maniera più veloce. Il paziente risponde ai comandi base come “bere”, “apri la bocca”, “chiudi la bocca” e conserva un vocabolario elementare (in questa fase anche il linguaggio è seriamente compromesso). Mantiene però il riconoscimento dei volti, soprattutto quelli familiari e conserva tracce di ricordi inerenti la memoria a lungo termine e soprattutto mantiene la sua affettività anche se compromessa in alcuni aspetti.

Uno dei più grandi nemici della malattia di Parkinson da un punto di vista psicologico è l’isolamento: in solitudine l’esperienza si impoverisce, la malattia diviene inesorabile, il dolore ed il disagio si amplificano. L’isolamento porta alla non comunicazione, la chiusura relazionale ed emotiva porta spesso alla depressione e questo apre la porta a disturbi cognitivi e del linguaggio. La possibilità di condividere la propria esperienza personale, di raccontarsi, di ascoltare l’altro scoprendo un senso di comunione, offre la possibilità di appropriarsi di un nuovo universo di senso della propria vita. Ecco perché le condizioni mentali, psicologiche, emotive, affettive, sociali del malato sono importanti nella malattia di Parkinson: non sono semplice valore aggiunto ma vera e propria risorsa con la quale affrontare la malattia. L’isolamento si evita o si combatte in un solo modo: la relazione. La malattia di Parkinson toglie la possibilità di scegliere come muoversi nel mondo ma non può togliere la scelta di come stare al mondo. L’esistenza umana è soprattutto, un essere con gli altri.

Il più delle volte si tende ad attribuire alla malattia tutto ciò che accade: il paziente finisce così per identificarsi con la malattia stessa a tal punto che per combattere lei finisce per lottare contro se stesso: allora fermiamoci un attimo e proviamo a chiederci chi è che sta combattendo contro il Parkinson “esclusivamente un malato di Parkinson”?

No, prima di tutto una persona: i pazienti danno voce a loro stessi, siamo “ Armando, Rita, Maria…” e con noi ci sono le nostre famiglie coinvolte e completamente investite dalla malattia. Quindi direi che è fondamentale riappropriarsi della dimensione umana e relazionale. I farmaci da soli non possono tutto. Non dimentichiamoci dell’ importanza e della necessità del sostegno psicologico anche e soprattutto per i caregivers che vivono simbioticamente con il paziente e si ammalano con il proprio caro. Ma soprattutto non dimentichiamoci di essere presenti nella RELAZIONE e di non abbandonare i pazienti e le famiglie che lottano contro il Parkinson. Facciamo in modo che quando “il lungo addio del cervello” arriverà al capolinea, ad accoglierlo non vi sia il paziente solo ed isolato ma la rete familiare tutta e nella migliore delle ipotesi anche quella amicale. Il supporto degli affetti importanti è fondamentale, in questo modo, quando il cervello si spegnerà e con lui si chiuderanno gli occhi ed il cuore terminerà i suoi battiti il paziente non sarà arrivato alla sua meta da solo ma con l’ affetto e la presenza di chi lo ha amato in vita e di chi continuerà a farlo anche OLTRE ed OLTRE ed OLTRE ancora… .

Psicologa abilitata presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Iscritta all' Ordine degli Psicologi della Campania n. 9622, Pedagogista Clinica e Mediatore Familiare Sistemico-Relazionale, ha conseguito la Laurea cum Laude in Scienze Psicopedagogiche all’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli discutendo la Tesi in Psicologia Dinamica sui Meccanismi di difesa e le dinamiche psichiche del paziente oncologico, dopo aver svolto un tirocinio accademico pre-lauream presso il Dipartimento di Psicologia Oncologica dell’ INT G. Pascale di Napoli. Ha conseguito, inoltre, una seconda Laurea Magistrale in Psicologia Sociale, dei Servizi e delle Organizzazioni approfondendo la Psicologia dei Processi Cognitivi nelle malattie croniche e neurodegenerative con una Tesi sui Disturbi Cognitivi, Affettivi e Comportamentali nella malattia di Parkinson presso l’Università di Roma. Ha svolto un ulteriore tirocinio professionalizzante post Lauream presso la Sede di Napoli dell’Accademia di Psicoterapia della Famiglia (RM) “Polo Clinico Centro Studi Kairos” dove è attualmente in formazione come Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale. Specializzata in Mediazione Familiare e Consulenza di Coppia ad orientamento Sistemico presso L’ Istituto di Medicina e Psicologia Sistemica di Napoli (IMEPS), inizia nel 2006, la collaborazione in qualità di ricercatrice con l’INT Fondazione Pascale di Napoli che la vede impegnata in Progetti di Ricerca, Educazione e consulenza Socio-Sanitaria nel campo della familiarità dei tumori femminili (Dipartimento di Ginecologia Oncologica). Continua la sua attività di ricerca ed assistenza in ambito psicopedagogico e clinico attraverso interventi di Infant Clinical Observation, Ludoterapia e Supporto alle famiglie, occupandosi dal 2008 di problemi psico-educativi in età evolutiva di bambini figli di pazienti oncologici presso il Servizio Ludoteca (Ambulatorio Famiglia) dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli (Dipartimento di Psiconcologia Clinica). Nel 2015 si perfeziona in ambito Psiconcologico attraverso il Corso di Alta Formazione in Psico-Oncologia dal titolo “La Psicologia incontra l’Oncologia” patrocinato dalla SIPO: Società Italiana di Psiconcologia. Docente e Formatore ha collaborato con la Lega Italiana Lotta ai Tumori- sezione di Napoli- a Progetti di Educazione Socio-Sanitaria e, con la Regione Campania, in Corsi di Formazione Regionali. Relatrice di Convegni e Seminari riguardanti tematiche Psicologiche e Pedagogiche è specializzata, inoltre, nel sostegno di famiglie multiproblematiche e devianti avendo lavorato con nuclei familiari a rischio e con forte disagio socio- economico e culturale della II e III Municipalità di Napoli. Ha lavorato, inoltre, in Progetti nel campo delle disabilità dal 2001 al 2010 (Sindrome di Down e Tetraparesi Spastica). Dal 2008 al 2019 ha esercitato la professione di Mediatore Familiare in autonomia e, su richiesta, in collaborazione con Studi giuridici matrimonialisti. Ha collaborato presso il Centro Nutrizione&Benessere della Dott.ssa Silvana Di Martino sito in Casoria in programmi di Psicologia della Nutrizione, Educazione Alimentare, Formazione e gestione di spazi di Mediazione Familiare Sistemica. Autrice di Articoli sul quotidiano medico on line #TAGMEDICINA, è stata impegnata nella S.C. di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto Tumori di Napoli in attività connesse all’ Emergenza SARS CoV-2 da Maggio 2020 a Febbraio 2022. Attualmente lavora con pazienti pediatrici e pazienti adulti in trattamento radioterapico presso la U.O.C. di Radioterapia dell’ INT di Napoli “Fondazione G. Pascale” in qualità di Psicologa.

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