Latte in formula, Oms e Unicef: lo studio sulle scelte di nutrizione e svezzamento

Il marketing delle aziende produttrici di latte in formula e le decisioni sulle modalità di svezzamento. Le conclusioni di un ampio studio commissionato da Oms e Unicef

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Secondo un report dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), il marketing delle aziende produttrici di latte in formula ha globalmente influenzato le decisioni sulle modalità di svezzamento delle famiglie. Queste sono le conclusioni del report di Oms, che ha presentato una ricerca internazionale commissionato dalle stesse Oms e Unicef, che ha voluto fare il punto su come le attività promozionali abbiano influito sulle decisioni e sulle pratiche di alimentazione infantile, in particolare nei primi tre anni di vita, importanti per porre le basi della salute futura.

Lo studio sulle scelte di nutrizione e svezzamento

Nel 1981 la trentaquattresima Assemblea Mondiale della Sanità ha adottato il Codice internazionale di commercializzazione dei sostituti del latte materno per regolamentare la commercializzazione dei suoi succedanei. A quarant’anni di distanza, secondo il report di Oms, il marketing del latte in formula rappresenta ancora uno dei rischi più sottovalutati per la salute di neonati e bambini in quanto distoglierebbe dalla scelta di allattare al seno nei primi mesi di vita. Secondo le stime riportate dal documento, favorire l’allattamento al seno porterebbe impedire 800.000 morti fra i bambini sotto i 5 anni e 20.000 morti per cancro al seno tra le madri, ogni anno. Il marketing di questi prodotti, secondo Oms, non si è fatto meno aggressivo nonostante le diverse risoluzioni. Lo studio si è svolto nel corso di due anni (agosto 2019-aprile 2021), nelle aree urbane di otto Paesi, rappresentanti ognuno le ragioni geografiche a cui appartengono, ma diversi per reddito e per attuazione del Codice: Bangladesh, Cina, Messico, Marocco, Nigeria, Sud Africa, Regno Unito e Irlanda del Nord, Vietnam. Ha indagato l’esposizione al messaggio pubblicitario dei latti per infanzia delle madri e dei soggetti che possono avere un’influenza sulle loro decisioni in merito all’alimentazione nei primi mesi di vita: dagli operatori sanitari al contesto sociale, compresa la famiglia e le amicizie.

Le criticità emerse dallo studio

Sono emersi una serie di punti critici: il messaggio è pervasivo e molto forte, anche grazie al ricorso a strategie di digital marketing, che attraverso la profilazione dei dati permettono la personalizzazione delle strategie (i canali social media sfuggono più facilmente ai regolamenti sulla corretta comunicazione che viene rispettata dai media tradizionali). Il 51% delle 8.528 donne in gravidanza e post-parto intervistate hanno confermato di aver visto o sentito campagne di marketing del latte artificiale nell’anno precedente. L’esposizione maggiore si è registrata nelle aree urbane della Cina (97%), del Vietnam (92%) e Regno Unito (84%). Le aziende produttrici, con i loro messaggi, fanno appello e si propongono di risolvere ansie e timori dei genitori, ricorrendo anche ad informazioni scientificamente non corrette o incomplete (arrivando a sostenere la superiorità delle formule rispetto al latte materno); una strategia che mina ad indebolire la fiducia dei genitori nell’allattamento al seno e non aiuta a dissipare le loro difficoltà e i loro dubbi al riguardo. L’industria si rivolge anche ai professionisti della salute per incoraggiarli a promuovere i loro prodotti attraverso sponsorizzazioni e iniziative varie anche di training. Il marketing del latte artificiale – non il prodotto stesso, precisa il report – messo in campo da un’industria che nel suo complesso vale 55 miliardi di dollari, “interrompe il processo decisionale informato”, mette a rischio la scelta di allattare al seno e indebolisce la salute del bambino. In Europa le disposizioni volte alla tutela dell’allattamento al seno, comprendono anche le “Prescrizioni aggiuntive per le formule per lattanti e le formule di proseguimento” dell’articolo 10 del regolamento FSG (Food for Specific Group). Devono essere concepite in modo da non scoraggiare l’allattamento al seno; l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità sia delle formule per lattanti che delle formule di proseguimento “non devono contenere illustrazioni di lattanti né altre illustrazioni o diciture che inducano a idealizzarne l’uso”, ricorda il Ministero della Salute. Nel complesso la situazione, rilevata a livello globale rimane critica. Il report supporta un maggior impegno delle Istituzioni e dell’industria stessa, a riconoscere come prioritaria la salute del bambino e della madre. E’ necessario – concludono WHO e UNICEF – favorire l’allattamento al seno anche attraverso una legislazione dedicata e iniziative che prevengano o impediscano più efficacemente per le aziende produttrici il ricorso a pratiche commerciali pervasive e scorrette.

 

Fonti:

https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/352098/9789240044609-eng.pdf?sequence=1

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