Nano e microplastiche negli alimenti

L'EFSA definisce microplastiche le particelle di dimensioni comprese tra 0,1 e 5000 micrometri (µm),mentre le nanoplastiche misurano da 0,001 a 0,1 µm (ossia da 1 a 100 nanometri).

tagmedicina,microplastiche
- Adv -

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un aumento esponenziale di uso e di accumulo di plastica, dovuto principalmente alla bassa degradabilità e alla difficoltà nel riciclaggio: le materie plastiche sono state trovate in tutti i tipi di mezzi ambientali, tra cui nell’acqua dolce superficiale, nel fondale, nelle acque superficiali marine, nelle acque sotterranee, nel suolo e persino nell’atmosfera.

Una volta rilasciate nell’ambiente diverse forze naturali, come quelle meccaniche dell’acqua, le radiazioni ultraviolette e il metabolismo biologico, portano le materie plastiche alla frammentazione di particelle di plastica più piccole, vale a dire microplastiche e nanoplastiche.

L’EFSA definisce microplastiche le particelle di dimensioni comprese tra 0,1 e 5000 micrometri (µm),mentre le nanoplastiche misurano da 0,001 a 0,1 µm (ossia da 1 a 100 nanometri).

Andando ad approfondire la numerosa letteratura scientifica a disposizione, si è riscontrato che l’assunzione e l’ingestione di materiale plastico da parte dei mammiferi e degli organismi sia di acqua marina che di acqua dolce, è in grado di provocare un impatto negativo sulla salute degli stessi: in particolare le microplastiche fungono da vettore per le sostanze chimiche, trasportano gli inquinanti su vaste aree oceaniche e contaminano il biota marino attraverso il processo di ingestione.

Secondo l’EFSA al momento non esistono dati sulla presenza di nanoplastiche negli alimenti, ma a causa della porosità tipica del materiale plastico, esse sono in grado di assorbire molti inquinanti e di conseguenza anche l’uomo ne è esposto attraverso la catena alimentare: l’impatto di questi materiali sulla salute umana, tuttavia, è ancora poco conosciuto e mancano studi approfonditi. Differente è la situazione sulle microplastiche, in particolare per l’ambiente marino. Nello specifico anche se si registrano elevate concentrazioni di microplastiche nei pesci (per lo più nello stomaco e nell’intestino), venendo eliminate dall’apparato gastroenterico degli stessi, i consumatori non risultano esposti. Invece nel caso dei crostacei e dei molluschi bivalvi, come le ostriche e le cozze, il tratto digestivo viene consumato dall’essere umano, per cui si ha una certa esposizione.

Uno studio scientifico del 2013 (Linda Amaral-Zettler, Tracy Mincer ed Erik Zettler) ha dimostrato che in un ambiente acquatico molti microrganismi possono aderire o crescere su varie superfici di plastica; da qui nasce il concetto di plastisfera, inteso come lo strato di vita microbica che si forma intorno ad ogni materia plastica galleggiante. Ad ogni modo le materie plastiche possono non solo servire come un nuovo habitat per la colonizzazione dei microrganismi, ma possono anche aumentare la probabilità di propagazione di agenti patogeni. Le osservazioni hanno dimostrato che le materie plastiche galleggianti negli ecosistemi acquatici, possono fungere da mezzo di trasporto per agenti patogeni come batteri afferenti al gruppo dei Vibrio, Pseudomon, Escherichia Coli, ma anche alghe unicellulari dei generi Gonyaulax, Karenia e Pseudo-nitzschia.

Un ruolo strategico viene svolto dalle microplastiche, le quali si comportano come delle “biglie”, minuscole per noi, ma gigantesche dalla prospettiva di un microrganismo, il quale trova un’ampia superficie dove insediarsi e proliferare. Sulle microplastiche molti batteri formano dei biofilm, ossia crescono sotto forma di aggregati uniti tra loro da una matrice extracellulare gelatinosa: un ambiente umido e ricco di sostanze nutritive. Questi batteri sono particolarmente inclini agli scambi intercellulari e al trasferimento genico orizzontale. In altre parole, possono scambiare tra di loro anche il materiale genetico, compresi i geni della resistenza agli antibiotici.

FONTI

– europarl.europa.eu

– efsa.europa.eu

– iss.it

Laureato in scienze delle professioni sanitarie della prevenzione presso l'Università degli studi dell'Aquila svolge la propria attività lavorativa in qualità di Tecnico della Prevenzione nell'Ambiente e nei Luoghi di Lavoro a Rimini all'intero della AUSL della Romagna. Docente formatore e ispettore in ambito della sicurezza alimentare, dal 2011 Auditor e Lead auditor di sistemi di gestione per la qualità secondo ISO 9001 e ISO 19011

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui