Consumo di sale: italiani ben informati su uso corretto ma poco coerenti a tavola

Il Programma nazionale Guadagnare Salute ha presentato uno studio che fa luce sulle reali abitudini degli italiani nel consumo di questo elemento

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Sul consumo di sale potremmo fare meglio. Come ormai ampiamente riconosciuto un impiego eccessivo di cloruro di sodio tipico delle consuetudini alimentari moderne espone al rischio di ipertensione e delle sue complicanze cardiovascolari. Moltissimi studi hanno dimostrato che la diminuzione, anche solo moderata, del consumo è associata a riduzione della pressione arteriosa e quindi alla prevenzione di un numero significativo di eventi cardiovascolari, in primo luogo l’ictus cerebrale, l’infarto e lo scompenso cardiaco. Nelle ultime linee guida europee ed americane per l’ipertensione e la prevenzione cardiovascolare la riduzione del consumo di sale è al primo posto tra le modificazioni raccomandate dello stile di vita.

Da Efsa la soglia di sicurezza per gli adulti

Una valutazione Efsa pubblicata pochi mesi fa, al termine di una revisione della letteratura recente, aveva indicato in 2g/giorno di sodio e quindi 5g di sale, la soglia di sicurezza per gli adulti (1g di sale contiene 0,4g di sodio). Non proprio un obiettivo nutrizionale né una raccomandazione per individui singoli. Piuttosto un valore utile ai decisori per definire le politiche sanitarie opportune. L’assunzione in Europa da parte degli adulti infatti è generalmente più elevata e in Italia, sebbene una diminuzione negli anni si sia vista, siamo ancora ad un consumo pari a 10 g al dì, come avevamo raccontato qui.
A questi dati si aggiunge oggi un’ulteriore valutazione che ha voluto indagare il livello di conoscenza e comportamento sull’assunzione di sale nella dieta, in modo da mettere in relazioni e questi fattori con le abitudini alimentari generali della popolazione. Lo studio, pubblicato su Nutrients e condotto da un gruppo di ricercatori italiani di Sinu-Gircs ha valutato attraverso la somministrazione di un questionario le conoscenze e il comportamento relativi al sale e alla salute della popolazione italiana. I risultati hanno mostrato in generale una migliore conoscenza di molti aspetti relativi a questo ingrediente, ma molta incoerenza nei comportamenti. Mentre è aumentata negli ultimi anni la conoscenza sul corretto uso del sale e dei livelli raccomandati nell’alimentazione, la consapevolezza dei danni alla salute di un consumo eccessivo e il controllo dei contenuti in etichetta, non si può dire che il comportamento reale, rispetto al grado di conoscenze, sia altrettanto soddisfacente.

Consumatori poco attenti alle etichette

Le risposte ad alcune domande chiave suggerivano comportamenti incoerenti; ad esempio, oltre i 2/3 dei partecipanti hanno dichiarato di aver evitato o di aver ridotto il consumo di cibi ricchi di sale e di non aver aggiunto sale durante la cottura o il consumo; tuttavia, molto meno del 50% legge il contenuto di sale sulle etichette nutrizionali e acquista prodotti alimentari a basso contenuto di sale. Inoltre, mentre si mangia fuori, solo il 10% degli intervistati ha chiesto alternative meno salate. Solo una piccola minoranza ha dichiarato di non aggiungere sale a carne, pesce o cibi fritti, sia durante la cottura che a tavola.
Ad una lettura approfondita dei dati, quando si guarda al grado di conoscenza in relazione ai marker sociodemografici, si vede che ancora molto c’è da recuperare tra gli adolescenti, le persone meno istruite e quelle con un basso livello di occupazione, fra i quali il consumo di cibi pronti e di alimenti trasformati (spesso ricchi di sale) è ampiamente diffuso. Sono le disuguaglianze sociali, conclude lo studio, ha segnare il confine netto ed esercitare un impatto negativo sulla consapevolezza e sul comportamento riguardo il consumo di sale, particolarmente nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza. Ecco perché le campagne di educazione e una corretta informazione mantengono un ruolo cruciale per l’acquisizione di buone pratiche nutrizionali.

Fonte Farmacia 33

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