La depressione si tramanda

Sono molti gli studi che hanno documentato l'associazione tra depressione maggiore e familiarità

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La depressione riguarda cinque milioni di italiani, di cui un milione in forma grave. Nonostante questo, però, l’Italia investe poco in terapie e prevenzione, visto che, secondo gli ultimi dati, dei 70 miliardi di euro impegnati per la salute, solo 2 sono riservati alla depressione, contro gli 8 previsti nei paesi dell’Unione Europea. Ma che cosa causa la depressione? Si pensa ormai con certezza che sia dovuta ad alterazioni biochimiche a livello cerebrale, cioè alla carenza di noradrenalina, dopamina e serotonina. Un fatto ormai accertato è che in molti casi di depressione maggiore, caratterizzata dalla presenza quotidiana, per almeno due settimane consecutive, di umore depresso, esista una chiara predisposizione familiare, visto che la malattia colpisce frequentemente i parenti di primo grado di soggetti che ne sono già affetti. Ma oltre il primo grado? Di questo si è occupata una ricerca statunitense, pubblicata sugli Archives of General Psychiatry. I risultati rafforzano l’ipotesi della familiarità.

Lo studio statunitense

Sono molti gli studi che hanno documentato l’associazione tra depressione maggiore e familiarità, con un aumento del rischio di 2 volte nei parenti di primo grado dei pazienti depressi se confrontati con i casi controllo. Pochi studi, però, si sono spinti oltre le due generazioni e hanno sviluppato un disegno longitudinale. Sembra che esista, comunque, dai dati retrospettivi una manifestazione precoce dei primi sintomi che aumenterebbe il rischio di tre volte in bambini e adolescenti appartenenti alla famiglia del paziente depresso. Per questo i ricercatori hanno preso in esame la prole di genitori depressi e non (prima generazione) per almeno 20 anni. La prole (seconda generazione) ha, a sua volta, in molti casi generato (3° generazione). Già risultati preliminari avevano evidenziato come i nipoti di famiglie con una “lunga tradizione” di depressione erano ad alto rischio di psicopatologia. Lo studio si è così soffermato su le prime due generazioni e su 161 nipoti. I risultati? Sono state evidenziate, ma era del resto atteso, alte percentuali di disturbi psichiatrici, in particolare di ansia, nei nipoti delle due generazioni con depressione maggiore, con il 59,2%, dei giovani considerati, età media 12 anni, già con un disturbo psichiatrico. L’ansia, del resto, come già hanno mostrato altri studi, è seguita il più delle volte da fenomeni depressivi. A incidere comunque in modo significativo è lo status depressivo dei nonni. Rimane confermato un aumentato rischio di ansia (rischio relativo 5,17) e di altri disturbi della sfera psichiatrica (rischio relativo 5,52) rispetto ai soggetti senza genitori depressi. Il dato sicuro, perciò, è che la depressione maggiore familiare ha un forte impatto sulla vita complessiva della terza generazione, senza che altre variabili interferiscano sulla forza di questa associazione. L’auspicio è di poter anticipare il più possibile l’intervento. Nel frattempo nuovi studi di neuorimaging, nonché genetici e biologici hanno un nuovo target da prendere in considerazione.

(Fonte Dica 33)

 

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