Dipendenze e cervello: come provare ad uscirne

In Italia e nel mondo i numeri sulle dipendenze non sono affatto leggeri: alcol, droga, fumo, gioco d’azzardo ogni anno stravolgono la vita di milioni di persone

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Alcol, fumo e droghe ogni anno stravolgono la vita di milioni di persone in quanto sostanze psicoattive in grado di innescare il meccanismo della dipendenza nel cervello. Come si attiva il circuito della ricompensa, e come provare ad uscirne.

C’è chi lo fa per sfuggire da un malessere, per dimenticare, distrarsi, chi inizia per mera curiosità o per sentirsi parte di un gruppo, e anche chi lo fa quasi per scherzo, come se fosse qualcosa da cui è semplice tornare indietro. E poi si finisce nel baratro. La maggior parte delle persone, col tempo, perde tutto: amicizia, amore, lavoro, famiglia. Se stessi.

In Italia e nel mondo i numeri sulle dipendenze non sono affatto leggeri: alcol, droga, fumo, gioco d’azzardo ogni anno stravolgono la vita di milioni di persone e la fotografia attuale restituisce previsioni future ancora più drammatiche, un po’ per l’abbassamento dell’età degli utenti, un po’per gli effetti della pandemia, intessuta da preoccupazioni, solitudine, abuso di Internet.

L’addiction, ovvero la dipendenza, è una patologia cronica caratterizzata dalla ricerca di droghe come marijuana, cocaina, ma anche farmaci, nicotina e alcool, e dal loro uso compulsivo.

Se è vero che la decisione di iniziare l’assunzione è quasi sempre volontaria da parte del soggetto, l’utilizzo ripetuto alla lunga crea dei cambiamenti biochimici che rendono difficoltoso smetterne l’assunzione.

Le droghe, a livello cerebrale, infatti, influenzano il circuito della ricompensa generando euforia, insieme all’aumento della concentrazione di messaggeri chimici come la dopamina, un neurotrasmettitore che influenza il tono dell’umore e controlla i meccanismi di ricompensa e piacere.

Il compito del circuito della ricompensa è rinforzare comportamenti che provocano piacere. Un aumento di dopamina causa un rinforzo di comportamenti disadattivi, come l’utilizzo di droghe, obbligando a ripeterli in continuazione. Man mano che si assume una droga, o un farmaco, inoltre il cervello si adatta a livelli di dopamina sempre più elevati, in quanto si genera tolleranza. L’abuso a lungo termine produce cambiamenti anche in altri sistemi cerebrali, intaccando funzioni cognitive come l’apprendimento, la capacità di giudizio e controllo dei comportamenti.

Ogni sostanza agisce attraverso meccanismi di azione leggermente diversi: per quanto riguarda il fumo la dipendenza viene creata, come si sa, dalla nicotina, una sostanza in grado di aumentare la secrezione di neurotrasmettitori coinvolti nella regolazione dell’umore e del comportamento (tra cui la dopamina). Ciò che causa una dipendenza da alcol invece è l’etanolo, che agisce nel cervello rapidamente e ha effetti importanti su molti tipi di recettori, canali e secondi messaggeri espressi nelle cellule nervose. L’etanolo aumenta e altera l’attività delle cellule nervose che rilasciano dopamina e modula tante aree cerebrali che fanno parte dei circuiti del piacere e della ricompensa, innescando così nel cervello i processi chimici che portano all’alcolismo.

Un capitolo a parte, poi, la merita la cocaina che vede il nostro Paese nel podio dei consumatori: l’Italia, infatti, occupa il quarto posto in Europa, su 30 Stati, con il 7% di individui adulti (15-64 anni) che almeno una volta ne hanno fatto uso (la media Ue è del 5,4%).

Questa sostanza, dal punto di vista biochimico, agisce bloccando il riciclo della dopamina e quindi prolungandone gli effetti nel cervello. Questo porta ad un’esperienza di euforia innaturalmente forte, che ahimè ha un prezzo altrettanto “forte”: l’eccessiva attività della dopamina può portare conseguenze a cascata su tutto l’organismo come depressione, insonnia, paranoia, allucinazione e sintomi psicotici associati alla schizofrenia.

Non ci sono cure e trattamenti standard ufficialmente efficaci per tutti a causa dell’incapacità di superare le prime fasi critiche della disintossicazione, riducendo così la compliance nei trattamenti psicoterapici e farmacologici.
Alcuni farmaci sono validi nel ridurre il consumo di alcune sostanze, ma spesso solo per pazienti con determinate caratteristiche genetiche e metaboliche.
I trattamenti comportamentali e le psicoterapie possono dare un importante contributo in tal senso: tramite queste i pazienti possono pian piano ri-imparare a trarre piacere da ricompense non legate alle sostanze nocive, rapporti sociali, professionali, esercizio fisico, hobbies, e tornare a riparare i danni biologici a livello cognitivo.

La ricerca scientifica si è concentrata molto sui neurotrasmettitori e sui meccanismi biochimici che si innescano a livello cerebrale e infine, una speranza attuale e concreta viene dalle biotecnologie, e in particolare dalla Fotobiomodulazione Transcranica, una tecnologia innovativa, non invasiva, che ha mostrato ottimi risultati soprattutto relativamente alla fase di disintossicazione, con minor sensazione di ansia, craving, stress, tremori, nausea e vomito. È una tecnica che si è dimostrata in grado di facilitare una nuova e funzionale riorganizzazione neurale alterata dall’uso cronico, creando connessioni più solide e riequilibrando la quantità di neurotrasmettitori prodotti.

Laureata in Psicologia, indirizzo Neuroscienze Cognitive all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ha conseguito il Master di II Livello in “Neuroscienze Cliniche: valutazione, diagnosi e riabilitazione neuropsicologica e neuromotoria” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Esperta nell’utilizzo di tecniche di neuromodulazione, neuronavigazione, neurostimolazione. Ha fondato Cerebro®, Startup di Biotecnologie neuroscientifiche. È stata insignita della Menzione speciale “Implementazione team multidisciplinare” dall’Associazione Donne Inventrici e Innovatrici. È giornalista pubblicista iscritta all’Albo dei Giornalisti della Lombardia.

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