Sars-CoV-2 presente nell’intestino anche con tampone rinofaringeo negativo

Abbiamo riscontrato un'infezione attiva e prolungata da Sars-CoV-2 nelle feci di pazienti con Covid-19, anche dopo la guarigione, e questo suggerisce che il coronavirus potrebbe essere presente nell'intestino dei portatori asintomatici

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Secondo uno studio portato avanti a Hong Kong e pubblicato su Gut, l’infezione da Sars-CoV-2 è in grado di resistere nell’apparto gastrointestinale per un periodo più lungo di quanto venga rilevato nelle vie respiratorie, in persone che non presentano sintomi gastrointestinali. «Abbiamo riscontrato un’infezione attiva e prolungata da Sars-CoV-2 nelle feci di pazienti con Covid-19, anche dopo la guarigione, e questo suggerisce che il coronavirus potrebbe essere presente nell’intestino dei portatori asintomatici» spiega Siew Ng, della Chinese University of Hong Kong (CUHK), che ha guidato il gruppo di lavoro.

I ricercatori hanno studiato 15 persone ricoverate in ospedale con Covid-19 a marzo e aprile, con un’età media di 55 anni e sintomi respiratori. Solo un paziente aveva sintomi gastrointestinali concomitanti al momento del ricovero, che è durato in media 21 giorni. Gli esperti hanno raccolto campioni fecali in serie fino alla dimissione, e hanno estratto l’Rna virale per rilevare prove di infezione attiva, cosa che si è verificata in sette dei 15 pazienti. Gli autori sottolineano che l’unico paziente con sintomi gastrointestinali non era in questo gruppo di positivi. Tre dei sette pazienti interessati hanno continuato a risultare positivi all’infezione attiva nelle feci fino a sei giorni dopo la scomparsa dall’apparato respiratorio di Sars-CoV-2 rilevata tramite tampone rinofaringeo. I ricercatori hanno anche estratto, amplificato e sequenziato il Dns dai campioni di feci, e il profilo metagenomico ha rivelato il tipo e la quantità di ceppi batterici presenti nel microbioma intestinale di ciascun paziente. È interessante notare che i ceppi batterici delle persone che mostravano infezione da Sars-CoV-2 nelle feci erano differenti rispetto ai partecipanti con infezione scarsa o assente. «Le feci con elevata attività virale avevano una maggiore abbondanza di batteri patogeni. Al contrario, le persone con bassa o nessuna infettività avevano ceppi batterici più benefici, tra cui i batteri che svolgono un ruolo critico nell’aumentare l’immunità dell’ospite» affermano gli autori. «A causa della potenziale minaccia di trasmissione per via fecale-orale, è importante che i pazienti dimessi e chi li assiste rimangano vigili e osservino una rigorosa igiene» conclude Ng.

Gut 2020. Doi: 10.1136/gutjnl-2020-322294
http://dx.doi.org/10.1136/gutjnl-2020-322294

 

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