Lesioni cutanee croniche: le lesioni da pressione.

In Italia, due milioni di persone sono affette da lesioni croniche cutanee; circa l’8% dei pazienti ospedalizzati e il 15%-25% dei pazienti ricoverati in strutture territoriali, quali lungodegenze o assistenza domiciliare, sono portatori di Lesioni da Pressione (SIMITU 2017).

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Contrariamente a ciò che si è portati a credere, non è una patologia prevalente solo nella popolazione anziana: pensiamo ad esempio alle unità di terapia intensiva sia adulta che neonatale, in cui i soggetti sono, per questioni cliniche, immobilizzati a letto oppure ai soggetti paraplegici, in carrozzina.

Frequentemente, le  lesioni da pressione (LdP) vengono erroneamente chiamate Ulcere o Lesioni da Decubito: ciò porta a credere che le lesioni compaiano solo a causa della semplice pressione fisica.

La corretta definizione, fornita dalle Linee Guida NPUAP/EPUAP del 2009, ci dà un ulteriore chiave di lettura: “lesione localizzata alla cute e/o agli strati sottostanti, generalmente in corrispondenza di una prominenza ossea, quale risultato di pressione o pressione in combinazione con forze di taglio”; sono  principalmente causate dall’immobilità che comporta  una diminuzione della quantità di sangue e ossigeno nelle zone corporee soggette a pressione: ciò avviene dove i tessuti cutanei sono schiacciati tra una prominenza ossea ed un piano rigido, con forze definite verticali ed anche oblique. Ne consegue che, maggiore sarà il tempo di permanenza del peso corporeo su tali aree, maggiore sarà il danno ai tessuti che possono andare incontro a danni ischemici creando di fatto una LdP.

I meccanismi di formazione sono dunque:

  1. Una pressione eccessiva e prolungata su una zona anatomicamente a rischio (prominenza ossea)
  2. La mancanza di ossigeno ai tessuti della zona colpita (ipossia tissutale) che coinvolge non solo gli strati superficiali ma anche quelli profondi, come i muscoli.
  3. Una forte pressione in seguito ad un trauma violento, può provocare danni ai tessuti ed ai vasi sanguigni. Non causano direttamente la lesione, ma creano un ambiente favorevole per il suo sviluppo.
  4. La frizione corrisponde alla combinazione di due forze di superficie con direzioni opposte e parallele alla pelle. Tali forze si creano a causa dell’attrito, cioè quando un soggetto scivola su un supporto (p.e., il letto) generando delle tensioni o lesioni ai capillari sanguigni.
  5. L’umidità e la scarsa o scorretta igiene: sudorazione, incontinenza, insufficiente ed errata asciugatura, favoriscono la macerazione della cute che a sua volta vede indebolirsi le difese naturali predisponendola ad infezioni locali che facilitano la comparsa di LdP.
  6. L’aumento della temperatura corporea, determina l’aumento del fabbisogno metabolico (ossigeno ed energia) del tessuto cutaneo in una situazione già compromessa.

 

La gravità della lesione varia notevolmente: si va da un livello minimo dato da un leggero arrossamento cutaneo persistente, ad un livello massimo, caratterizzato da ulcerazioni profonde che possono raggiungere l’osso. Comprendere la tipologia della lesione, la causa scatenante e determinarne la gravità, appare di estrema importanza per permettere una corretta presa in carico ed un significativo piano di cura e di prevenzione.

Le parti del corpo più soggette al rischio di formazione delle LdP, sono diverse a seconda che l’individuo sia in posizione sdraiata o seduta. Nel caso di un soggetto allettato, ad esempio, le zone maggiormente a rischio sono i talloni, il sacro, la regione scapolare, la nuca se in posizione supina; le spalle, l’orecchio, il trocantere, le ginocchia se in posizione laterale. In caso di soggetto costretto in carrozzina o in poltrona, le zone più a rischio sono i talloni, la zona ischiatica, le spalle.

Anche altri fattori giocano un ruolo determinante nella formazione delle LdP:

  • allettamento/lunghe permanenze sempre nella stessa posizione
  • immobilità/difficoltà motoria e/o cognitiva nella mobilità attiva
  • incontinenza fecale, incontinenza urinaria
  • ridotta lucidità mentale
  • riduzione/alterata percezione sensoriale
  • malnutrizione (in difetto e in eccesso)

Per poter meglio classificare i livelli di rischio di sviluppare una LdP, sono state create molte scale di valutazione; le più conosciute ed utilizzate, sono l’indice di Norton e la scala di Braden (quest’ultima redatta anche per la popolazione pediatrica: Braden Q).  Le scale di valutazione sono strumenti che consentono di identificare in modo oggettivo l’indice di rischio di sviluppare le LdP,  permettendo le analisi delle problematiche in modo unitario e standardizzato, omogeneizzando la lettura del fenomeno e la pianificazione degli interventi assistenziali preventivi.

Per facilitare la valutazione a scopo esemplificativo per i caregiver (personale di supporto tecnico /OSS, badanti, familiari), è stata proposta una divisione della gravità del rischio in 4 classi (da: ”il prontuario per la gestione delle lesioni cutanee” – A. Bellingeri 2017 Ed Medea):

  1. Nessun rischio: il malato si lava, mangia da solo, assume le terapie farmacologiche. Si alza e cammina. Anche se con l’aiuto di un bastone. E’ lucido, risponde in modo logico e rapido alle domande. Non è incontinente (anche soggetti portatori di cateteri vescicali)
  2. Rischio lieve: il malato ha bisogno di aiuto per alcune azioni. E’ lucido ma occorre ripetere le domande. Si alza e cammina da solo per un po’, ma va poi sorretto. Occasionalmente presenta incontinenza urinaria.
  3. Rischio moderato: il malato ha bisogno di aiuto per parecchie azioni. Non è sempre lucido. E’ costretto su sedia a rotelle e si alza solo se aiutato. E’ presente saltuaria incontinenza fecale ed urinaria nelle 24 ore.
  4. Rischio grave: il malato è totalmente dipendente dagli altri per tutte le azioni. E’ disorientato e confuso. E’ costretto a letto per tutte le 24 ore. Richiede assistenza per qualunque movimento. E’ incontinente.
Ha studiato presso universi degli studi di L’Aquila conseguendo la laurea in infermiere cum laude, ha studiato presso università La Sapienza di Roma conseguendo il master di I livello in prevenzione e gestione delle lesioni cutanee, ha studiato presso l’università telematica Niccolo’ Cusano conseguendo il master di I livello in coordinamento per le professioni sanitarie. Ha lavorato in Ausl Romagna sede di Rimini come infermiera di sala gessi, responsabile Wound Care aziendale; tutor aziendale per i neo assunti e per il CL in Infermiere; membro della commissione regionale MediRER per la stesura delle procedure in ambito vulnologico (medicazioni e terapia a pressione negativa); attualmente è il clinical specialist advanced Wound management per Smith&Nephew Italia (qualità, formazione e ricerca).

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