Caduta di gomito, addio al capitello radiale

Le fratture sono molto comuni e rappresentano circa il 20% dei traumi acuti.

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Il trauma è quasi sempre di tipo indiretto, imputabile cioè a cadute sul palmo della mano a gomito disteso. Proprio perché l’energia prodotta dalla caduta partendo dal polso viene trasmessa al gomito tramite il radio, questo fa sì che il capitello radiale vada a impattare contro il condilo omerale, fratturandosi.

Fratture del capitello radiale scomposte, composte o pluri-frammentarie vengono interpretate dai medici come fenomeni isolati, al contrario di quanto accade nei casi in cui sono associate a fratture della coronoide o dell’olecrano, a lesioni dei legamenti (come nel caso di fratture che presentano una dislocazione della testa radiale) oppure a lussazioni del gomito.

Nel caso di fratture composte il problema si presenta con il frammento osseo che ancora si trova nella sua corretta posizione anatomica mentre, in caso di frattura scomposta, il frammento osseo risulta spostato rispetto alla posizione del capitello radiale.
Nel caso ci si trovi di fronte a fratture complicate da una serie di frammenti ossei si parla, invece, di fratture pluri-frammentarie. Sia in quest’ultimo caso, sia in quello precedentemente accennato si assiste ad una sintomatologia più grave con marcata limitazione della funzionalità del gomito e un dolore più intenso.

 

 

Il tipo di trattamento elettivo è quello chirurgico di sintesi del capitello dove si procede a ridurre la frattura e a stabilizzarla con mezzi di sintesi (microviti e microplacche). Nel caso in cui la frattura non è riducibile per l’elevata scomposizione e comminuzione (numero di frammenti) si procederà alla rimozione dei frammenti e alla sostituzione protesica.


In pazienti con ridotta richiesta funzionale si può procedere alla semplice rimozione dei frammenti e della porzione ci capitello radiale residua (capitellectomia). 

Al giorno d’oggi questa tecnica trova ridotto impiego perchè può residuare importante stabilità. Va quindi evitata assolutamente in caso di lesioni legamentose e lussazioni associate del gomito. Di fronte a questa eventualità, infatti, la rimozione del capitello rischierebbe di peggiorare la già compromessa stabilità del gomito e provocare, come diretta conseguenza, una recidiva della lussazione.

La protesi di capitello radiale sostituisce solo il versante radiale dell’articolazione tra radio ed omero del gomito. Esistono diversi modelli. Le protesi fisse e anatomiche a collo mobile sono le più usate. Le prime sono degli spaziatori che hanno l’obiettivo primario di ripristinare la stabilità del gomito. Le seconde hanno una migliore conformazione articolare garantendo maggiore mobilità e anatomia funzionale. Maggiore però sarà la sollecitazione dell’interfaccia osso-protesi.

Generalmente i materiali usati sono titanio e acciaio senza proprietà magnetiche, compatibili dunque alla risonanza magnetica. Vengono inserite nel canale midollare del radio prossimale con uno stelo che può essere cementato o non cementato. Sullo stelo viene poi inserita la testa. Esistono ovviamente differenti taglie e misure per le diverse dimensioni dei pazienti.

Laureato nel 1998 in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II" , di formazione professionale presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, ha svolto numerosi stages all’estero come in Francia, Belgio, Australia. Ha alle spalle una lunga esperienza ospedaliera di circa 15 anni, dove ha maturato competenze in campo traumatologico e di chirurgia ortopedica elettiva. La sua casistica comprende piu’ di 4000 interventi, tra sostituzione protesica delle grandi articolazioni, e chirurgia ortopedica generale e traumatologica. Nel 2009 è stato tra i primi in Italia ad adottare la via anteriore mini-invasiva nella protesica d’anca, con circa 2000 casi all’attivo attualmente. Ha svolto varie pubblicazioni scientifiche, con numerose partecipazioni a congressi e corsi in qualità di discente ed istruttore. Attualmente esercita in strutture sanitarie private e convenzionate in Emilia Romagna (Rimini, Cesena, Ravenna) e Campania (Napoli e Capri).

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