Trapianto delle isole pancreatiche, possibile passo avanti con uso nanoparticelle

Un trapianto che da anni rappresenta una speranza di cura per questa malattia, ma che viene sistematicamente ostacolato da problemi legati al rigetto.

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Un gruppo di ricerca della Northwestern University, negli Stati Uniti, ha ideato una tecnica che potrebbe essere un valido aiuto in caso di trapianto delle isole pancreatiche nei pazienti con diabete di tipo 1.

Un trapianto che da anni rappresenta una speranza di cura per questa malattia, ma che viene sistematicamente ostacolato da problemi legati al rigetto. I farmaci immunosoppressivi utilizzati per evitarlo, come la rapamicina, non bastano a scongiurarlo e possono portare pesanti effetti collaterali. «Per evitare gli ampi effetti della rapamicina durante il trattamento, il farmaco viene dato solitamente a basso dosaggio e mediante specifiche vie di somministrazione, soprattutto orale» ha spiegato Evan Scott, che ha diretto la ricerca insieme a Guillermo Ameer. «Ma, in caso di trapianto, si deve dare rapamicina sufficiente per sopprimere a livello sistemico le cellule T, il che può dare effetti collaterali significativi come perdita di capelli, ulcere alla bocca e un sistema immunitario indebolito nel complesso» ha continuato l’autore. Quello che hanno fatto i ricercatori in uno studio pubblicato su Nature Nanotechnology è stato creare delle particolari nanoparticelle (nanocarrier) con all’interno la rapamicina, mediante le quali poter controllare la direzione del farmaco all’interno del corpo. Questi nanocarrier dovrebbero andare a colpire non più le cellule T, ma le APC (antigen presenting cells), così da rendere l’immunosoppressione più mirata e controllata. Un altro vantaggio è che il farmaco può essere somministrato con iniezioni sottocutanee, il che ne evita la “perdita” che si verifica quando viene dato per via orale e permette di utilizzarne una dose inferiore. Gli autori hanno sperimentato questa tecnica in topi da laboratorio, ai quali è stato prima indotto il diabete e che poi hanno ricevuto un trapianto delle isole pancreatiche e la rapamicina, per via orale o tramite le nanoparticelle. Si è scoperto che i topi che hanno ricevuto il farmaco con i nanocarrier avevano una riposta immune solida rispetto a quelli che lo avevano assunto per via orale. Si è osservata l’insorgere di minimi effetti collaterali e l’eradicazione del diabete lungo tutta la durata del trattamento – da notare però che un simile trattamento dovrebbe durate per tutta la vita.

Per Ameer questo metodo potrebbe applicarsi anche ad altri tipi di trapianto, il che apre nuove aeree di ricerca e nuove opzioni per i pazienti. «Adesso stiamo lavorando per portare questi risultati molto entusiasmanti un passo più vicino all’uso clinico» ha affermato.

Nat. Nanotechnol 2022. Doi: 10.1038/s41565-021-01048-2
https://doi.org/10.1038/s41565-021-01048-2

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