Vaccino Covid, le indicazioni del ministero sulla dose unica

Nuova strategia vaccinale per le persone già infettate

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Per coloro che hanno già avuto un’infezione da virus Sars-Cov2 è prevista la possibilità di somministrazione di un’unica dose di vaccino anti-Covid, senza dunque effettuare alcun richiamo. È arrivato il via libera dal ministero della Salute che, in una nuova circolare firmata dal direttore della Prevenzione del dicastero Giovanni Rezza, chiarisce che «è possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino» anti-Covid-19 nei soggetti con «pregressa infezione da Sars-CoV-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica)», «purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa».

L’assunto di base è che i soggetti che abbiano già contratto l’infezione e ne siano guariti abbiano al contempo sviluppato anche una certa immunità. Da qui la possibilità di non effettuare la seconda dose e di ricevere la prima ad una certa distanza di tempo dall’infezione. La possibilità di un’unica dose non vale, però, per i soggetti con particolari problemi di salute: «Ciò non è da intendersi applicabile – precisa, infatti, il ministero – ai soggetti che presentino condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici». In questi soggetti, non essendo prevedibile la protezione immunologica conferita dall’infezione da Sars-CoV-2 e la durata della stessa, si raccomanda dunque di proseguire con la schedula vaccinale proposta, ovvero la doppia dose per i tre vaccini a oggi disponibili.

La nuova strategia vaccinale dell’Italia prenderebbe in considerazione il modello britannico della dose unica di vaccino, ritardando la somministrazione della seconda. Utilizzo dunque anche delle scorte destinate ai richiami, nell’attesa che arrivi il via libera dell’Ema al vaccino monodose Johnson&Johnson. Ipotesi non ancora approvata dall’Ema che si dice ancora scettica sulla questione. Nonostante il pressing degli Stati dopo i dati positivi sul livello di protezione di una singola dose, l’Ema «non vede ancora prove sufficienti per raccomandare modifiche» e passare ad un solo shot. Si sta valutando però l’autorizzazione d’emergenza Ue per i vaccini Covid sia per gli adeguamenti per le varianti, sia per i nuovi sieri che fanno parte della strategia dell’Unione. Si tratta di una pista su cui la Commissione europea è al lavoro, e che presenta però molti scogli legali, soprattutto sotto il profilo delle responsabilità, che i 27 leader dovranno valutare insieme di assumere, forse già al prossimo vertice del 25 marzo. La scorciatoia, utilizzata dall’Ungheria di Viktor Orban per sdoganare lo Sputnik russo ed il Sinopharm cinese, è prevista per gli Stati, ma ha carattere solo temporaneo e valore a livello nazionale. L’iniziativa, lanciata da Ursula Von der Leyen, è stata spinta dalla richiesta dei 27 capi di Stato e di governo di accelerare su via libera, produzione e distribuzione degli immunizzanti di fronte all’incalzare dell’emergenza mutazioni e alle forniture che arrivano a singhiozzo. Forte è lo scetticismo anche sullo Sputnik V, in merito al quale fonti a Bruxelles sottolineano che le capacità di produzione russa è molto limitata. Può contribuire a rafforzare le vaccinazioni in Paesi di piccole dimensioni, ma non sarebbero mai sufficienti a coprire le esigenze per esempio dell’Italia.

La questione, a questo punto, resta quella della produzione dei vaccini in Italia, unico modo per assicurarsi grosse quantità di siero. Se in un primo momento sembrava un’ipotesi irrealistica, grazie ad un attento lavoro tra il ministero dello Sviluppo economico sotto la regia del ministro Giancarlo Giorgetti, Farmindustria, Aifa, il nuovo commissario per l’emergenza Paolo Figliuolo e il sottosegretario alla presidenza Franco Gabrielli, sono stati fatti molti passi avanti. È stata verificata la disponibilità di alcune industrie a produrre i “bulk”, ossia il principio attivo e gli altri componenti del vaccino anti Covid, perché già dotate, o in grado di farlo a breve, dei necessari bioreattori e fermentatori. La produzione, però, potrà avvenire a conclusione dell’iter autorizzativo da parte delle autorità competenti, in un tempo stimato di 4/6 mesi, fino ad 8 ha poi precisato il ministro in Parlamento.

È proprio su queste aziende che si concentrerà ora l’attenzione con l’avvio di una fase di verifica: il ministro ha infatti dato mandato ai diversi rappresentanti presenti competenti di procedere all’individuazione di contoterzisti in grado di produrre vaccini entro autunno del 2021. Più semplice invece il coinvolgimento delle aziende italiane alla fase finale della filiera, ovvero l’inserimento delle dosi nelle fiale e il relativo confezionamento. È stato infatti appurato che ci sono le «condizioni immediate» per avviare la fase dell’infialamento e finitura. Per rafforzare ulteriormente tutto questo progetto, Giorgetti ha confermato oggi la volontà dell’esecutivo di realizzare in Italia un polo per la ricerca di farmaci e vaccini con investimenti pubblici e privati.

Fonte: Doctor33

 

 

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