Covid-19, farmaco anti-artrite per forme gravi. Lo studio del New England

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Il farmaco utilizzato per la terapia dell’artrite reumatoide baricitinib costituisce uno strumento in più nella terapia delle forme serie e critiche di Covid-19. Lo sostiene un editoriale del “New England Journal of Medicine”, firmato da Delia Goletti, responsabile dell’Unità di ricerca traslazionale del Dipartimento di Epidemiologia e Ricerca preclinica dell’Istituto nazionale malattie infettive (Inmi) Spallanzani di Roma, e da Fabrizio Cantini, direttore del reparto di Reumatologia dell’Ospedale Santo Stefano di Prato.

Al momento – spiegano i ricercatori – non esistono farmaci specifici in grado di bloccare l’infezione da Sars-CoV-2 né di prevenire o curare la polmonite da Covid-19. La malattia si cura come i casi di influenza grave, con terapie di supporto e, nei casi più gravi, supporto meccanico alla respirazione. Per i pazienti ospedalizzati, al momento – ricorda la nota – viene utilizzato l’antivirale remdesivir per le polmoniti a media severità, mentre il desametasone, e più in generale l’utilizzo di corticosteroidi, costituisce lo standard di cura per le forme gravi di Covid-19 che necessitano di ossigenoterapia, con o senza ventilazione meccanica; come terapia di supporto, è indicato l’utilizzo di eparine a basso peso molecolare in basse dosi per la profilassi di eventi trombo-emolitici nei pazienti con ridotta mobilità.
Una ricerca del National Institute of Health (Nih), denominata Acct-2, ha valutato nei pazienti adulti ospedalizzati con Covid-19 l’uso, in associazione con il remdesivir, del baricitinib. Lo studio si proponeva di valutare gli effetti della terapia baricitinib-remdesivir rispetto alla terapia con il solo remdesivir, in primo luogo sul tempo di guarigione ed in secondo luogo sullo stato clinico dei pazienti al giorno 15. Lo studio ha evidenziato come i pazienti ai quali è stata somministrata la terapia combinata abbiano avuto un tempo per il recupero significativamente più veloce, ed il 30% in più di probabilità di miglioramento dello stato clinico al giorno 15 rispetto ai pazienti in monoterapia, con una minore incidenza di eventi avversi gravi (16% contro 21%). In una scala di severità della malattia che va da 1 (forme lievi che non richiedono ospedalizzazione) a 8 (decesso) – prosegue la nota dell’Istituto capitolino – l’efficacia del trattamento baricitinib-remdesivir si è dimostrata migliore nei pazienti con un grado di severità pari a 6 (ricezione di ossigeno ad alto flusso o ventilazione non invasiva). Questi pazienti hanno avuto un tempo medio di recupero di 10 giorni rispetto ai 18 giorni del gruppo con monoterapia, con maggiori probabilità di miglioramento dello stato clinico. Di rilievo anche i risultati per i pazienti con un grado di severità clinica 5, che hanno avuto un miglioramento medio del 17% del tempo di recupero, unito ad un aumento delle probabilità di miglioramento clinico. Da sottolineare infine, per entrambi questi gradi di severità della malattia, la marcata riduzione della mortalità sia al giorno 14 che al giorno 28.
Le evidenze che emergono dal trial del Nih confermano dunque i risultati degli studi condotti per la prima volta in Italia da Fabrizio Cantini con il supporto scientifico di Delia Goletti presso l’Ospedale Santo Stefano di Prato e altri 6 centri clinici italiani. Da questi studi sono emersi gli effetti benefici del baricitinib per il trattamento con Covid-19, in termini sia di sicurezza che di efficacia terapeutica. Gli studi costituiscono la prima evidenza clinica di sicurezza ed efficacia del baricitinib per la polmonite da Covid-19. Il trial americano Actt-2 fornisce un’ulteriore evidenza sull’efficacia di questo farmaco. Ulteriori ricerche sull’argomento, realizzate dai gruppi di Cantini e Goletti sono state pubblicate in studi collaborativi internazionali pubblicati su “Science Advances” e su “Journal of Infection”.

In conclusione, l’elevata efficacia del baricitinib nei pazienti con polmonite a severità medio-grave arricchisce l’arsenale terapeutico contro la polmonite da Covid-19, principalmente nei pazienti che ricevono supporto di ossigeno senza ventilazione meccanica invasiva. Sarà molto interessante – concludono i ricercatori dello Spallanzani – valutare i risultati di ulteriori studi randomizzati in corso sul trattamento della polmonite Covid-19, nei quali si sta confrontando l’efficacia clinica del baricitinib rispetto al desametasone.

Fonte Doctor 33

 

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